Cronache
A Napoli Nord cemento e instabilità. "Ma ai giovani si può dare un futuro qui"

Dal locale al nazionale, con Cantiere Giovani cambiare è possibile: l'associazione, attiva nella città metropolitana, lancia un bando rivolto a tutta Italia
Sul territorio italiano sono presenti molte associazioni che promuovono in un’ottica socio-culturale, attività e progetti con lo scopo di aiutare e supportare intere generazioni spesso in difficoltà. Affaritaliani ha intervistato Pasqualino Costanzo, direttore di Cantiere Giovani, per chiedere quali sono i loro principi, aspirazioni e progetti nel contesto politico e culturale nel quale operano
Che tipo di associazione è Cantiere Giovani e quali sono i vostri scopi?
È un’organizzazione no profit. L’idea è nata perché un gruppo di giovani con diverse sensibilità ed esperienze volevano creare degli spazi comuni di aggregazione, socializzazione ma anche di tipo educativo avendo a cuore la necessità di cambiamenti possibili nel territorio dell’area Nord della città metropolitana di Napoli. Quindi l’esigenza è quella di migliorare la comunità locale non direttamente attraverso l’impegno politico, ma con forme di cittadinanza attiva e impegno civile.
Sul territorio dell’area metropolitana di Napoli Nord, quali attività svolgete?
Grazie alle molteplici competenze delle figure che arricchiscono l’organizzazione, siamo poliedrici. Il nostro scopo è generare un cambiamento e questo significa contrastare alcuni fenomeni: la povertà educativa, la dispersione scolastica, la mancanza di opportunità per i giovani. La nostra zona d’interesse che si estende tra Napoli e Caserta ha tutta una serie di record negativi che vanno dalla mancanza di lavoro alla microcriminalità e cerchiamo attraverso il nostro operato di accendere i riflettori su questi contesti difficili favorendo l’inserimento formativo e lavorativo per i giovani.
Quali sono le peculiarità nel territorio di Napoli Nord rispetto alla situazione Nazionale?
Prima di ogni altra cosa è l’instabilità politica che negli anni ha favorito lo scioglimento continuo dei comuni. Ci troviamo in un’area urbana tra le più densamente popolate d’Europa e con la più alta cementificazione d’Italia, infatti nella classifica dei venti comuni più cementificati nel nostro paese 14 sono qui. Questo perché il continuo avvicendarsi di diverse amministrazioni l’ha favorita come unico canale di investimento senza sviluppare né servizi né la costruzione di opportunità sociali e culturali, benessere in generale. La nostra sfida è combattere questo ragionamento che si basa unicamente sul profitto e promuovere un’idea culturale basata sulla cooperazione: se il territorio cresce, miglioriamo tutti. Le nostre iniziative però si scontrano con la sostenibilità futura, perché quella può esserci solo in accordo con istituzioni più stabili.
Il problema della dispersione scolastica è presente in tutta Italia ma in alcune zone è ancora più forte, secondo lei da dove bisogna ripartire per cercare di contenere questo fenomeno?
In primo luogo dall’apertura delle scuole, non intesa nel contesto Covid. Mi riferisco all’apertura delle strutture come presidi di sviluppo sociale e culturale, anche di pomeriggio e se è il caso anche di notte perché sono gli unici spazi sicuri. In assenza di spazi adeguati in cui condividere passioni, desideri ed esperienze molti giovani vanno altrove. Quindi investire risorse strutturali in progetti per fare comunità potrebbe essere una soluzione. Noi ci abbiamo provato attraverso Scuola Guida Comunità, cercando di creare benessere socio culturale per i ragazzi.
Il periodo che abbiamo vissuto è stato caratterizzato dalla pandemia e dalle restrizioni su scala nazionale, la vostra associazione come ha reagito?
Ci siamo riadattati e abbiamo stravolto le nostre attività mettendo al centro i bisogni dei ragazzi. In primo luogo abbiamo cercato di contrastare l’isolamento: ci siamo adoperati per rispondere ad alcuni problemi attraverso una raccolta di device e qui c’è stato un contributo, anche operativo, di molte aziende e cittadini nel sostenerci. Tutto sempre in collaborazione con le scuole che ci dicevano chi aveva bisogno di queste strumentazioni. Inoltre abbiamo attivato anche delle attività di supporto scolastico nel pomeriggio attraverso la rete. Un’altra difficoltà era la gestione degli spazi per le famiglie con più bambini, in questo siamo riusciti a Frattaminore ad utilizzare la biblioteca comunale per sostenere la didattica a distanza di mattina per chi ne aveva bisogno, magari perché a casa c’erano dei problemi.
Quali sono i disagi sociali più presenti sul territorio?
Sicuramente per i giovani un disorientamento e un disinnamoramento del proprio contesto. Molti di loro che potrebbero essere risorse importanti per la comunità, sono completamente disfattisti e quindi immaginano il loro futuro in altri luoghi. Poi ce ne sono altri legati alla quotidianità, molti dei quali rientrano nella logica dell’arrangiarsi, che a noi non piace.
L’iniziativa interculturale a livello europeo, in che cosa consiste?
Abbiamo sempre pensato a metodi basati sulla cooperazione e contaminazione, intesa come possibilità di crescita e cambiamento. Per noi l’interculturalità ci permette di affrontare la complessità con gli occhi di chi ha voglia di crescere insieme al proprio contesto. Promuoviamo quindi una serie di iniziative con l’Agenzia nazionale giovani e con l’ESC (Europea Solidarity Corps) da un lato accogliamo persone di diversi paesi europei e li integriamo in attività culturali dall’altro mandiamo ragazzi alla scoperta dell’Europa. Al momento abbiamo un progetto che con Portogallo, Spagna e Slovenia coinvolge diverse organizzazioni che si occupano di intercultura, per creare un database che favorisca l’incontro con le diversità. Perché le diversità arricchiscono.
State per lanciare un bando nazionale, in che cosa consisterà?
Il progetto si chiama SIPUOFARE ed è un’esperienza fantastica, che verrà lanciata tra gennaio e febbraio e che siamo riusciti ad attivare grazie a due organizzazioni nazionali: ‘Reteiter’, formata da diversi esperti delle politiche giovanili e ‘Riusiamo l’Italia’ che si occupa di luoghi inutilizzati. Crediamo in un matching tra strutture pubbliche abbandonate e giovani che potrebbero investire tempo e competenze per far rinascere questi spazi. Stiamo lanciando, attraverso 14 partner in diverse regioni d’Italia, un bando al quale possono partecipare persone tra i 16 e 30 anni che vogliono fare proposte per la propria comunità, per creare una animazione territoriale, per mettere al centro quello spazio o organizzare eventi per la valorizzazione di quel luogo. Siamo contenti perché dalla periferia a Nord di Napoli possiamo dare un contributo anche a livello nazionale.
Che cosa consiglia ai giovani che si trovano ad affrontare un futuro sempre più incerto?
Uno è sicuramente uno slogan che utilizziamo da tempo: “E’ incredibile quante cose trovi mentre cerchi qualcos’altro” ed è un leitmotiv per lanciarsi sempre in cose nuove. Ad esempio noi stiamo facendo dirette virtuali di quattro ore, non era una cosa programmata. Eppure ci siamo emozionati con qualcosa di nuovo. Era un’opportunità e l’abbiamo colta. È importante avere una marcia in più, al di là di ciò che si pianifica. Lo faccio perché fare significa apprendere nuovi strumenti e nuove competenze. Questo ci aiuta ad inserirci nell’ottica della resilienza. A questa parola possiamo affiancare anche la resistenza. Resistenza dei giovani. Il concetto di promuovere educazione significa per noi: sapere anche quando essere maleducato. Bisogna dare l’opportunità ai giovani e ai cittadini di poter canalizzare la rabbia spesso dovuta alle storture del territorio, in energie per riscattare i propri diritti e promuovere cambiamenti possibili.