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Cronache
Confesercenti, la metà delle imprese non aprirà più. Servono nuove misure

Le misure varate dal governo per fronteggiare l’emergenza coronavirus non sono sufficienti per le imprese del commercio e del turismo: il 67% degli imprenditori ritiene che i provvedimenti presi siano poco o per niente adeguati, mentre solo il 32% ritiene che siano efficaci. È quanto emerge da un sondaggio condotto da Swg per Confesercenti su un campione di piccoli e medi imprenditori tra il 19 ed il 23 marzo.

A preoccupare le imprese è soprattutto l’impatto dello stop prolungato sulla propria attività e sull’economia in generale. Il 44% degli intervistati non esclude la possibilità di non riaprire più, mentre un ulteriore 34% ritiene di essere a rischio se la sospensione dell’attività dovesse durare ancora a lungo. Il 50% si dice spaventato soprattutto da una possibile recessione economica, una quota praticamente identica a chi è preoccupato maggiormente dall’emergenza sanitaria (49%).

La sensazione di un pericolo potenziale per la propria impresa è dunque ampia: meno di un imprenditore su cinque dichiara di sentirsi sicuro delle sue prospettive. Dati che possono risentire della gravità della situazione attuale, ma che comunque segnalano con chiarezza la richiesta di una forte attenzione al settore. Tra le imprese, infatti, sembra prevalere l’opinione che vi sia una percezione di limitata comprensione della gravità delle condizioni economiche.

“Il sondaggio conferma l’allarme che abbiamo lanciato ormai da tempo: così com’è, il decreto Cura Italia è insufficiente per le imprese. Si deve fare di più, molto di più. Ci sono migliaia di imprese che, senza sostegni adeguati, rischiano di non riaprire dopo lo stop”, commenta Patrizia De Luise, presidente nazionale di Confesercenti.

“Abbiamo bisogno di liquidità, da subito e in modo semplice. Bisogna aprire le maglie del credito per le pmi, con procedure semplificate per garantire l’accesso ai finanziamenti. Vanno bloccati gli sfratti e sospesi i pagamenti delle locazioni commerciali e delle affittanze di azienda, esonerando le imprese anche dai canoni demaniali e di concessione per le occupazioni di suolo pubblico, compresi i tributi connessi. E questo deve valere per tutto il periodo di inattività. Anche l’indennizzo non è sufficiente. I 600 euro previsti sono veramente pochi. Serve di più, e soprattutto non una tantum: il beneficio sia prolungato per tutti i mesi di inoperatività delle imprese, non solo marzo”.

“In queste ore stiamo lavorando con il massimo impegno perché, in fase di conversione del decreto, arrivino sostegni mirati e sufficienti per le imprese. Serve anche maggiore chiarezza sulle disposizioni di sicurezza, rese ancora più confuse dalla sovrapposizione delle disposizioni regionali: negli ultimi due giorni centinaia di imprese ci hanno chiamato per capire se possono restare aperte o meno. Così si rischia il caos”.

 

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