Cucchi, un poliziotto chiese scusa. Un eroe italiano rimosso e dimenticato
Che fine ha fatto il poliziotto che scrisse la lettera in sostegno alla famiglia Cucchi? Fu l'unico in Italia. Si chiama Francesco Nicito e non tutti sanno...
Si chiama Francesco Nicito e nella battaglia solitaria della famiglia Cucchi per la verità fu l'unico agente che si espose. Qualcuno l'ha dimenticato, ma non tutti gli appartenenti alle forze dell'ordine si sono tenuti alla larga dalla vicenda. Nel 2014, un poliziotto scrisse una lettera, rompendo il silenzio a cui le forze dell'ordine sono condannate. D'altronde ci sono voluti 9 anni di bugie, negazioni, insulti, assoluzioni e battaglie della famiglia e della sorella Ilaria, per cancellare il limbo in cui era finita la storia di Stefano Cucchi: la drammatica gestione in una caserma di un ragazzo tratto in arresto dai carabinieri.
“Quando tutto sarà definito attraverso gli accertamenti dell’autorità giudiziaria, e sarà fatta chiarezza su tutti gli aspetti di questa vicenda disonorevole, l’Arma prenderà i propri provvedimenti, e saprà farlo con il massimo rigore, senza remore e senza riguardi per gli eventuali colpevoli”, ha promesso in queste ore il comandante generale dei carabinieri Giovanni Nistri.
Nel 2014 Francesco Nicito scrisse (la lettera venne pubblicata da L'Espresso, qui la riportiamo nella versione del libro Coop Connection).
Ma chi è davvero Nicito chi scrive lo ha raccontato nel libro Coop Connection: un pluridecorato sovrintendente della polizia che si è anche occupato per anni di criminalità organizzata, prendendo parte alle prime e più importanti inchieste contro la 'ndrangheta in Emilia Romagna e principalmente a Bologna, dove fino a qualche anno prima era un sacrilegio dire che vi fosse.
Nicito ha vissuto per anni con una pistola sotto il cuscino, ma non per paura della 'ndrangheta, per minacce di morte in seguito all'acquisto di una casa popolare da una coop di agenti. Un incubo durato più di un decennio tra abusi, illegalità diffuse, danni economici, inerzia di tutte le istituzioni e minacce di morte al telefono e via lettera. Rimasto solo lui denuncia ogni volta tutti, anche il magistrato a cui era stato delegato il caso, ma tutto finisce in un limbo fino a che un giudice accerta che i suoi esposti sono fondati, i reati ci sono tutti ma in quel momento sono prescritti.
Nella terra dove la sinistra ha da sempre il suo fortino funziona così. E se sei un poliziotto non è normale parlare di mafie, tanto meno denunciare dei finanzieri, dei militari, un magistrato, una cooperativa. E alla fine è normale essere derubati, minacciati e sottomessi. E il paradosso è che garante di questo scempio è lo Stato a cui un poliziotto come lui ha giurato dovere e fedeltà. Lo stesso Stato che è stata parte attiva con i suoi corpi di polizia nella vicenda Cucchi.
Qualche giorno dopo la pubblicazione della lettera in sostegno alla famiglia Cucchi la Fossa dei leoni, i tifosi della Fortitudo Basket di Bologna, srotola in curva uno striscione di dodici metri in suo onore: “Autocritica, coraggio, dignità. Doti non comuni. Noi la pensiamo come Francesco Nicito”.
La forze dell'ordine dovrebbero essere prima di tutto al servizio dei cittadini e della verità e non principalmente dei propri corpi di polizia.
Per la lettera lo scrittore Gianni Mura lo ha inserito tra i cento personaggi da ricordare nel 2014.
Inspiegabilmente, vista l'esperienza e la preparazione, Nicito non fa più parte degli uffici investigativi nell'ambito di indagini sulla criminalità organizzata. Oggi lavora in un piccolo commissariato alla periferia di Bologna, dove si occupa sempre dei più deboli. È un punto di riferimento per tanti anziani vittime di reati che non conoscono la sua storia ma che trovano in lui un referente qualificato.
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