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Cronache
Europee, exploit di inchieste: giustizia a orologeria o politica corrotta?

Exploit di inchieste alla vigilia delle Europee: giustizia a orologeria o politica corrotta?

Voto di scambio, corruzione, concorsi e appalti truccati: da nord a sud, nelle ultime settimane, sono scoppiate come bombe a orologeria molteplici inchieste che hanno sconvolto il mondo politico, fino a scomodare possibili infiltrazioni mafiose all’interno delle amministrazioni comunali di tutta Italia. La scoperta dell’acqua calda, hanno sostenuto alcuni, anche se una concentrazione di inchieste giudiziarie a sfondo politico non si vedeva da tempo.

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A fare da traino la Puglia di Emiliano, alle prese con una bufera senza precedenti che ha investito in particolare il centrosinistra. Non serve ricordare l’arresto del sindaco del comune di Triggiano, le dimissioni dell’assessora ai Trasporti Anita Maurodoinoia, coinvolta nell’inchiesta sul voto di scambio, le pressioni del Governo per il commissariamento del comune di Bari e, ancora, l’arresto dell’ex assessore regionale Alfonso Pisicchio e di suo fratello, nell’ambito di un’inchiesta su presunti appalti truccati.

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Poi è toccato al Piemonte, nello specifico a Torino, dove l’esponente di spicco del Pd Salvatore Gallo è indagato per corruzione elettorale, e poi ancora alla Sicilia, dove questa volta a finire nella bufera è stato, tra gli altri, il vicepresidente della Regione, nonchè esponente leghista, Luca Sammartino. Per arrivare, oggi, agli arresti domiciliari del sindaco dimissionario di Avellino Gianluca Festa, ex Pd e poi sostenuto da liste civiche. L’exploit giudiziario delle ultime settimane ha fatto storcere non poco il naso a tanti esponenti della politica, che hanno subito rievocato l’immagine di una “giustizia a orologeria”. A battere i pugni sul tavolo, in particolare, la Lega ha espresso dubbi sul tempismo dei provvedimenti che hanno coinvolto l'esponente siciliano Sammartino del Carroccio.

“Perché a un mese dalle elezioni europee?”; “Dov’è finita la presunzione di innocenza?”. Domande sicuramente legittime sulla carta, ma che sembrano disancorarsi dalla realtà, almeno per due ordini di ragioni. La prima, il calendario delle elezioni: tra politiche, europee, regionali e amministrative, l’Italia è un Paese dove ci si reca alle urne frequentemente. Con il “rischio” che le inchieste giudiziarie si intreccino più o meno spesso con l’esercizio del diritto di voto dei cittadini.

La seconda: più che di “giustizia a orologeria” si rischia di scadere nel “garantismo a orologeria” o, per meglio dire, a convenienza. Gli stessi, infatti, che richiamano il sacrosanto principio costituzionale dell’art. 27, hanno pochi giorni prima chiesto lo scioglimento immediato del comune di Bari. Individuare il punto di equilibrio è, ora, prerogativa dei giudici, considerando anche il fatto che ad essere coinvolti nelle inchieste sono e sono stati amministratori comunali e regionali di tutte le parti politiche, non solo la Lega, ma anche (e forse soprattutto) la compagine della sinistra, tra Pd e liste civiche annesse.

Da qui una possibile conclusione: non sarà che, forse, l’unico meccanismo a orologeria propriamente tale sia proprio quello della politica che, ciclicamente - o meglio, nei momenti più opportuni - ha bisogno di far saltare qua e là qualche regola, accantonare i principi di legalità e trasparenza per sostenere il costo stesso della politica, senza distinzione di colore? È indubbio che, nelle differenti compagini esistano delle mele marce, che sfruttano il proprio ufficio per ottenere un ritorno personale. Ma è altrettanto vero che, dopo la sbornia di Tangentopoli, la classe dirigente italiana è scivolata “collettivamente”, con il solo obiettivo di sostanziare il proprio potere.

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