Francesco, il coraggio dei semplici
di Antonino D'Anna

“Il vostro parlare sia sì, sì, no, no: il di più viene dal Maligno”, dice Gesù nel Vangelo. E la conversazione pubblicata dal giornale cileno Reflexion y Liberacion ci consegna un Papa Francesco proprio così: pane al pane, vino al vino. Un uomo che dice quello che sente e lo dice senza infingimenti e senza giri di parola. Che appare preoccupato per le correnti conservatrici (o meglio: erroneamente conservatrici, a suo modo di vedere) della Chiesa, ma anche ironico su se stesso quando dice che chi ha scommesso su di lui al Conclave ha vinto una barca di soldi.
Francesco uomo di Dio. Poco, ma sicuro: “Questo non viene da me”, dice dei suoi primi gesti del pontificato, così come della sua elezione al Soglio pontificio dopo Benedetto XVI. Chiarisce di preferire una Chiesa in movimento, missionaria, che agisce e sbaglia ma in buonafede, anziché una Chiesa ammalata perché ferma, richiusa in se stessa. È genuinamente conciliare, in questo: perché è il Vaticano II che ha ricordato alla Chiesa di dover prendere il largo, di andare verso il mondo e l'uomo moderno perché tanta tecnologia, tanto progresso possono esporre a errori, ma al contempo aumentano le possibilità di fare del bene. Ha fiducia nei suoi collaboratori per le riforme, li sprona ad andare avanti.
Per finire: il Papa che dice pane al pane e vino al vino è l'uomo della testimonianza ferma e coraggiosa di fede. Sente l'esistenza di lobby pro aborto, lo dice e invita i religiosi a denunciare tutto questo. E li avverte: ve le diranno di tutti i colori, vi attaccheranno ma questo è il vostro compito. Parole che lo stesso Benedetto XVI aveva espresso in altri termini – ad esempio – a Fatima il 13 maggio 2010, quando ha chiesto ai Vescovi di adoperarsi a favore di quanti difendono in questi contesti “un vigoroso pensiero cattolico, fedele al Magistero”, affinché possano ricevere una “parola illuminante, per vivere, da fedeli laici, la libertà cristiana”.