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Boicottare Huawei è sbagliato. L'Europa deve cambiare strategia
Dopo l'inchiesta di Bruxelles che ha coinvolto europarlamentari c'è chi chiede lo stop agli apparecchi della casa cinese. Ma il problema è altrove

L'Europa non deve boicottare Huawei ma cambiare strategia sulla cybersecurity
L'inchiesta scattata all'interno del Parlamento Europeo sulla presunta attività illecita di lobby effettuata dal colosso cinese della tecnologia, Huawei, con l'appoggio di alcuni deputati ha portato a reazioni di vario genere. Sono molti infatti i membri del Parlamento ad aver chiesto di vietare l'utilizzo ad esempio degli smartphone del brand cinese nei palazzi della politica e non solo, questo per fronteggiare il rischio di spionaggio e controllo delle persone. Questione quindi di cybersecurity che sarebbe messa a rischio dalla tecnologia di Pechino.
Abbiamo chiesto a Pierguido Iezzi, Consigliere Nazionale e Coordinatore del Cyber Think Tank Assintel, uno dei massimi esperti in Italia in materia e di Intelligenza Artificiale la sua opinione su questa idea di boicottaggio che ricorda, molto da vicino, quanto ad esempio si dice su Starlink, il sistema di comunicazione satellitare di Elon Musk.
"Il tema della sovranità digitale europea è oggi più che mai centrale. La scelta delle tecnologie non è mai neutra, perché ogni infrastruttura digitale adotta, in modo più o meno evidente, una visione del mondo e delle regole internazionali. In un panorama globale sempre più frammentato, è fondamentale che l’Europa rafforzi la propria autonomia strategica".
La verità quindi è che la Ue è in ritardo, quindi, e per questo obbligata a dipendere dall'estero?
"Esatto. Al momento, l’ecosistema tecnologico europeo, così come la maggior parte delle soluzioni che ognuno di noi usa ogni giorno, dipende in larga misura da prodotti e servizi sviluppati al di fuori dell’Unione. È vero che in Europa non mancano aziende di primo piano nel digitale, ma per impatto e dimensioni non sono ancora paragonabili ai colossi statunitensi o cinesi. Da qui la necessità di considerare la scelta di tecnologie, fornitori e piattaforme anche come una decisione politica ed economica: a quale modello di potere e a quale sfera d’influenza vogliamo ancorare la nostra infrastruttura digitale?
Non possiamo ignorare la realpolitik che ci circonda, ma proprio per questo dobbiamo accelerare verso un maggiore grado di indipendenza tecnologica. È poco realistico puntare a una sovranità tecnologica totale nel breve o medio termine, eppure la strada è tracciata: grazie ai piani europei e alle iniziative già avviate, in particolare dal nostro Paese e dal Dipartimento per la Trasformazione Digitale, si stanno gettando le basi per un futuro più interconnesso, resiliente e autonomo. Non è soltanto una questione tecnica: in gioco ci sono la libertà, la sicurezza, la competitività e la democrazia dell’Europa nel mondo digitale".