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Cronache
Ilva, 47 rinvii a giudizio. A processo anche Nichi Vendola

Tutti rinviati a giudizio. Finiscono sotto processo i 47 imputati coinvolti nel disastro ambientale di Taranto: 44 persone e tre società dei Riva. Riparte 'Ambiente svenduto', fermato a dicembre scorso dall'errore del cancelliere in un verbale. A giudizio, prima udienza il 17 maggio, finiscono di nuovo in Corte d'assise Fabio e Nicola Riva, componenti della famiglia proprietaria dello stabilimento, accusati insieme con dirigenti ufficiali e occulti del siderurgico di associazione per delinquere, disastro ambientale, avvelenamento di sostanze alimentari e omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro. A processo anche politici e dirigenti ministeriali accusati di aver consentito all'Ilva di inquinare, seminando malattie e morte.
 
Il decreto di rinvio a giudizio del giudice Anna de Simone ricalca in pieno quello di luglio 2015 del precedente gup Vilma Gilli. Tra i politici finiti di nuovo a processo c'è l’ex Governatore pugliese Nichi Vendola, imputato di concussione aggravata in concorso, per presunte pressioni sull'Arpa (l'Agenzia regionale per l'ambiente) in favore dell'Ilva. Avrebbe minacciato il direttore di Arpa, Giorgio Assennato, di non confermare il suo incarico se non avesse cambiato politica sul siderurgico. A giudizio anche il deputato Nicola Fratoianni (Sel) e il consigliere regionale pd Donato Pentassuglia, entrambi accusati di favoreggiamento personale.

Processo anche per il sindaco di Taranto, Ippazio Stefàno, accusato di abuso d’ufficio per non aver preso adeguate misure a tutela dei cittadini contro l'inquinamento e per l’ex presidente della Provincia di Taranto, Giovanni Florido, accusato insieme all’ex assessore provinciale Michele Conserva e al responsabile delle relazioni esterne Ilva, Girolamo Archinà, di aver fatto pressioni su due dirigerti provinciali all'Ambiente per favorire l'apertura di una discarica in Ilva. Alla sbarra anche un folto gruppo di manager e dirigenti del siderurgico, come l'ex presidente Ilva ed ex prefetto Bruno Ferrante, insieme con diversi direttori dello stabilimento.

Di associazione per delinquere rispondono i così detti "fiduciari" dei Riva, i cinque componenti del "governo ombra": manager che senza essere nell'organico aziendale impartivano ordini in fabbrica per spremere gli impianti al massimo a scapito dell'ambiente e della salute. Stessa accusa anche per il legale dell'Ilva, avvocato Franco Perli. Fra gli episodi contestati c'è anche la presunta corruzione di un consulente. Fabio Riva per mano di Archinà, riconosciuto come "insabbiatore" e mediatore dei Riva nei rapporti con stampa e istituzioni, avrebbe consegnato una tangente da 10mila euro a un consulente della Procura, Lorenzo Liberti, docente del Politecnico di Bari. La somma sarebbe servita ad "ammorbidire" una perizia sull’Ilva.

Di illeciti amministrativi rispondono le società Riva Fire, Ilva spa, messa in liquidazione e Riva Forni elettrici. Ad attendere il secondo rinvio a giudizio c'era l'esercito di parti offese, circa mille, che nel corso delle udienze si sono costituite parti civili chiedendo danni per almeno 31 miliardi di euro. Sono parti civili i ministeri di Salute e Ambiente, Regione Puglia, Provincia e Comune di Taranto, il partito dei Verdi, associazioni ambientaliste, allevatori e mitilicoltori, proprietari di abitazioni al quartiere Tamburi, il più vicino e più colpito dal l'inquinamento.  L'udienza preliminare era iniziata a giugno 2014 è finita a luglio 2015 col rinvio a giudizio di tutti gli imputati. Rinvio a giudizio annullato poi a dicembre 2015 dai giudici della Corte d'Assise, che rilevarono la nullità di un verbale redatto durante l'udienza preliminare.

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