Gli studenti bocciano la DAD: il digital divide ne esclude uno su quattro
Da soluzione necessaria per salvaguardare la salute a sgradita compagna di viaggio: la didattica a distanza ha veramente stufato insegnanti, genitori e studenti, che in tutta Italia chiedono di poter tornare in classe. E anche la ministra dell'Istruzione Lucia Azzolina dà loro ragione, spiegando che “la DAD non funziona più”.
Nonostante l'enorme spinta alla digitalizzazione avuta proprio in occasione della pandemia di Covid-19, in Italia stiamo pagando anche lo scotto di un gap piuttosto evidente nei confronti degli altri Paesi.
Per aiutare gli studenti privi di una strumentazione idonea a seguire le lezioni a distanza ci sono state varie lodevoli iniziative di soldarietà e, proprio oggi, Autostrade per l'Italia ne ha annunciata un'altra, riguardante 18 istituti scolastici sparsi sul territorio nazionale: a ciascuno di essi verranno assegnati circa 25 tablet di ultima generazione (o dotazione o importi equivalenti) e una lavagna interattiva luminosa.
Tuttavia, non è “solo” un problema di hardware, ma anche di infrastrutture. Il digital divide si manifesta anche nel ritardo nella diffusione della banda larga: oggi il 25,3% delle famiglie italiane non ha questa disponibilità e questo comporta che uno studente su quattro fatichi a gestire i massicci flussi di dati che servono per dei collegamenti audio/video con più partecipanti.
Il problema esiste in tutta Italia e in modo particolare al Sud, dove, come evidenziato da una analisi dell’Unione europea delle cooperative (Uecoop) su dati Istat.
Le ragazze e i ragazzi tra i 14 e i 18 anni in Italia sono oltre 2,8 milioni, il che' statisticamente rappresenta un “cluster” decisamente rilevante, ma soprattutto ci pone di fronte ad un problema non più procrastinabile sul piano sociale: senza nemmeno entrare nel ben più delicato tema della socializzazione, che in questa fascia d'età conta almeno tanto quanto l'apprendimento, è lo stesso diritto allo studio che, nei fatti, viene negato.
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