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Cronache
Nanga Parbat, Moro: "Vado a recuperare i corpi di Nardi e Ballard"

Nanga Parbat, Moro: "Vado a recuperare i corpi di Nardi e Ballard"

Simone Moro vuole andare sul Nanga Parbat a recuperare i corpi di Daniele Nardi e Tom Ballard. L'alpinista bergamasco è fortemente motivato: "Sto già lavorando all'operazione, è tecnicamente fattibile, mi sto preparando per farmi trovare pronto nell'eventualità si decida di procedere". Moro è sicuramente il soggetto più indicato per un’operazione di questo tipo: non solo perché conosce il Nanga Parbat per la salita invernale del 2016 e altre precedenti spedizioni, ma perché è pilota di elicottero specializzato in soccorsi d’alta quota. Praticamente nessuno può vantare l’esperienza di Moro nel recupero con la long line in Himalaya. Fino a quando però il quadro non sarà completo con un’esplicita intenzione da parte di tutte le famiglie interessate, la missione di recupero non prenderà corpo.

Nanga Parbat, familiari Ballard: "Non autorizziamo recupero corpo"

"Per rispettare l'etica e quella che sarebbe stata la sua volonta' vogliamo che i resti di Tom diventino piano piano parte del Nanga Parbat e quindi non autorizziamo nessuna rimozione del corpo". E' quanto affermano all'Agi i familiari di Tom Ballard a seguito delle dichiarazioni sulle ipotesi e modalita' del recupero della salma del congiunto deceduto sul Nanga Parbat durante la tragica spedizione sullo Sperone Mummery assieme all'alpinista italiano Daniele Nardi. Papa' James, che attualmente vive in Francia, e la sorella Kate, attualmente in Sudafrica, rispondono cosi' all'ipotesi avanzata dall'alpinista italiano Simone Moro di effettuare una spedizione per recuperare i corpi di Tom e Daniele. Contrari alla rimozione del corpo sarebbero anche i familiari di Daniele Nardi.

Nanga Parbat: la causa della morte per Moro

Moro è dell’idea che un incidente e non lo sfinimento abbia causato la morte dei due alpinisti: «Ne ho parlato con Txikon e credo che di incidente si tratti, proprio mentre stavano posizionando delle corde fisse. Non è possibile capire se in una fase di discesa, dopo avere comunicato la loro posizione, piuttosto che il mattino seguente, all’inizio di una salita». La posizione di entrambi i corpi vicino alla tenda rende difficile pensare che nessuno dei due non potesse raggiungere il riparo se non per via di un evento traumatico improvviso. Ballard e Nardi potrebbero essere stati investiti da una scarica sul posto, piuttosto che essere precipitati lungo le corde fisse. A sollevare delle perplessità è stato casomai il fatto che nessuno dei due fosse coperto di neve, tantomeno la tenda dopo tanti giorni di esposizione agli eventi atmosferici: «C’erano molto secco, vento e neve polverosa, inoltre la loro posizione potrebbe in qualche modo essere riparata dalla conformazione della montagna». La prospettiva della foto scattata da Txikon potrebbe anche schiacciare le sagome sullo sfondo, senza permettere di valutare al meglio il posizionamento nello spazio. La necessità di comprensione procede d’altronde di pari passo con la definizione di un possibile piano di intervento che potrà finalmente portare al riconoscimento della morte di Nardi e Ballard. Solo la constatazione del decesso da parte di un ufficiale giudiziario o un alpinista delegato permetterà così di abbandonare lo status di morte presunta ai fini burocratici. Questa vicenda di fatti porta con sé implicazioni di carattere pratico e quotidiano per le stesse famiglie, oltre al pesantissimo carico emotivo. 

Nanga Parbat: polemiche sui Social

Purtroppo nel mare di Facebook questa importante distinzione rischia di naufragare: "Oggi la gente avverte questa necessità di esprimere un’opinione a prescindere dalla conoscenza della materia. C’è molta immaginazione e voglia di schierarsi, ma si fanno anche collegamenti affrettati. Vengo accusato di attaccare le scelte di Nardi e Ballard, di mancare di rispetto, ma questa gente non sa che io parlo con il fratello di Daniele o la fidanzata di Ballard». Il pubblico si divide in tifoserie: "Immaginano un rapporto fatto di commenti su Facebook quando invece non sanno delle parole che intercorrono davvero tra di noi, delle nostre considerazioni private, spesso condivise. Quello che è successo sul Nanga è innanzitutto una sconfitta dell’alpinismo, per il messaggio distorto che ne esce e che mi addolora in prima persona. Invece abbiamo bisogno di parlare dei bei valori di questa attività, senza tuttavia far finta di non vedere la realtà".

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