di Lorenzo Lamperti
@LorenzoLamperti
"Via il segreto". Applausi. Bene, bravo, bis. "Ora conosceremo la verità", si avventura a pronosticare qualcuno. Suscita quasi unanimi consensi l'iniziativa di Matteo Renzi che ha annunciato in pompa magna la rimozione del segreto di Stato sulle stragi.
Primo appunto: mica stiamo parlando di tutte le stragi ma solo di alcune arbitrariamente scelte nel periodo che va dal 1969 al 1984. E quindi via la maschera (così si dice) ai misteri di Piazza Fontana, Piazza della Loggia, Ustica, Peteano, Italicus, Gioia Tauro, Bologna e Rapido 904. Secondo, e decisivo appunto: il segreto di Stato non c'è più dal 1977. Esatto. Il governo ha rimosso i quattro livelli di classificazione esistenti su questi documenti. Ma non siamo mica negli Stati Uniti dove il segreto, per esempio, sull'omicidio di Kennedy esiste per davvero. Quella del governo resta un'iniziativa lodevole sotto il profilo della tanto evocata "trasparenza" ma non può e non deve essere confusa con quello che non è.
Tutta "l'immensa mole" di documenti di cui parla Renzi sono sempre a stati a disposizione dei magistrati. E il bello è che ne è conscio anche lui. Dice Renzi: "Sulla base anche della positiva esperienza compiuta in relazione al carteggio sul sequestro e sull'uccisione dell'onorevole Moro, che ha consentito negli scorsi anni di rendere disponibili gli atti per la consultazione con largo anticipo rispetto ai tempi prescritti, preso atto che non esiste in materia segreto di Stato, dispongo perciò in via preliminare che si dia luogo alla declassificazione della documentazione".
E dunque di che cosa stiamo parlando? Certamente non di scottanti documenti contenenti verità nascoste e che improvvisamente diventeranno di pubblico dominio. Nulla di tutto ciò. Semplicemente ci sono delle carte, già conosciute ed esaminate dai pubblici ministeri, che verranno riversate negli archivi di Stato dai quali saranno consultabili dai cittadini. Una possibilità interessante, certo, soprattutto per chi è interessato a una ricostruzione storica. Magari alcuni di questi documenti troveranno spazio anche sui giornali. Peccato che la maggior parte, come sostiene lo storico Aldo Giannuli, sia stata già pubblicata negli scorsi anni (o addirittura decenni) in migliaia di articoli.
Non è di certo questa la strada che potrà portare alla verità. Basta saperlo. Basta capirlo, rimuovendo quella patina fastidiosamente luccicante che gli è stata costruita attorno. Se davvero si volesse fare luce sui sanguinosi eventi che hanno deviato la Prima Repubblica e fondato la Seconda bisognerebbe aggiungere un'altra azione: parlare. Le carte resteranno lettera morta se le persone che finora hanno taciuto, e tra loro ci sono stati anche parecchi politici, continueranno a tacere.