Cronache

Richiedenti asilo nelle liste dei disoccupati. Iscritti anche senza residenza

Antonio Amorosi

Una circolate Anpal-Ministero del Lavoro permette ai richiedenti asilo, quindi non riconosciuti come rifugiati, di essere equiparati ai disoccupati italiani

Poi dicono che gli italiani sono razzisti! Ma questa vicenda mostra, ancora una volta, come le inefficienze dello Stato si riversino sui cittadini italiani che hanno come unico mezzo di rivalsa rifiutare i migranti, a priori. Tanto più in un Paese in stagnazione da più di un decennio che cioè non cresce nei posti di lavoro e tanto meno nelle politiche economiche.

 

Premessa 

Il richiedente asilo in Italia non è necessariamente un profugo/rifugiato. E' un soggetto migrante sbarcato in Italia che potrebbe anche non essere un rifugiato ma un migrante economico. 

Il rifugiato è invece giuridicamente colui che in seguito alle vicende del proprio Paese (guerre, esodi di massa, persecuzioni, ecc...) dovrà ottenere per motivi umanitari, stabiliti dalle convenzioni internazionali, asilo politico in un Paese straniero, in questo caso l'Italia. 

Dai dati del ministero dell'Interno risulta che ogni anno, a fronte delle migliaia di domande dei richiedenti asilo, solo il 7% di questi sono rifugiati (dati del luglio 2018, ministero Matteo Salvini). Nel 2017 con il ministero dell'Interno a Marco Minniti del Pd la percentuale di rifugiati riconosciuti sul monte complessivo dei richiedenti asilo era il 6% (dati del dicembre 2017, ministero Marco Minniti), quindi ancora meno. 

Mentre il richiedente asilo aspetta la decisione italiana sosta in vari (per ordine e grado) centri di accoglienza, di media per circa 2 anni.

 

La novità

Due giorni fa, il 27 agosto 2018, l'Anpal-Ministero del Lavoro, Direzione Generale dell'immigrazione e delle politiche di integrazione, ha emesso la circolare 10.569 che fa sì che il richiedente asilo che appare senza residenza possa iscriversi alle liste dei disoccupati degli uffici di collocamento. Questo perché in alcuni Comuni italiani i richiedenti asilo non riescono ad ottenere la residenza nei luoghi in cui sono ospitati. Senza residenza infatti non è possibile inserirsi nella banca dati dei disoccupati, cioè non è possibile andare ad ingrossare i milioni di disoccupati italiani. 

 

La circolare dell'Anpal di qualche giorno fa, (l'Anpal per chi non lo sapesse è un agenzia dello Stato i cui vertici sono nominati dal presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta della conferenza delle Regioni e delle Province autonome e del Ministro del lavoro e delle politiche sociali; gli ultimi vertici Anpal sono stati nominati a giugno del 2016 dal governo Renzi), ricalca un'altra circolare sempre dell'Anpal del 23 maggio 2018; questa specificava che al fine dell'iscrizione ai centri per l'impiego il requisito della residenza anagrafica fosse soddisfatto dal luogo di dimora abituale, cioè i centri di accoglienza sono i luoghi di residenza. 

Ma la circolare dell'Anpal-Ministero del Lavoro è in contrasto con la norma 142 del 2015 che attribuisce agli uffici comunali la potestà di riconoscere la residenza anagrafica ai richiedenti asilo (sempre nei centri di accoglienza). In pratica con la circolare i centri per l'impiego diventano una sorta di sostituto improprio, non si sa infatti a che titolo, degli uffici demografici dei Comuni, con il rischio di facilitare false residenze e possibili truffe, sia a danno dello Stato che degli stessi richiedenti asilo.

 

Il contesto

I richiedenti asilo, ricordiamolo, sono ospitati in centri d'accoglienza, dove ricevono vitto e alloggio gratuitamente per tutto il tempo necessario ad ottenere una risposta dallo Stato italiano, cioè essere riconosciuti come rifugiati oppure ottenere un diniego. Quei famosi 2 anni circa in cui altri soggetti italiani di solito ben remunerati, associazioni, aziende ma soprattutto cooperative, praticano l'accoglienza. Un business da 4,7 miliardi di euro annui.

Le cooperative e le associazioni che la gestiscono ricevono di media 35 euro al giorno per migrante, di cui 2,5 euro al giorno vanno ai migranti.

Un sistema che non vale a nessun livello per i disoccupati italiani che non ricevono dallo Stato alcun vitto e alloggio durante il periodo di mancata occupazione, anche se per anni o con i proprio avi hanno contribuito con la tassazione diretta e indiretta alla crescita del sistema Italia. Gli stessi disoccupati italiani che come i richiedenti asilo sono iscritti ai centri per l'impiego. Contemporaneamente i richiedenti asilo svolgono o dovrebbero svolgere corsi di italiano e di apprendimenti di un lavoro. E ricordiamo anche che i richiedenti asilo, durante il periodo di domanda, sono come è giusto che sia, liberi di muoversi su tutto il territorio italiano, cioè non sono in alcun modo detenuti nei centri. Da qui le fughe di massa dai luoghi di accoglienza e nel periodo successivo al rifiuto (cosa che accade alla maggioranza dei richiedenti) dello status di rifugiato di andare ad ingrossare gli unici mercati in grado di dare lavoro, le maglie della criminalità organizzata e l'illegalità diffusa, soprattutto nel mercato degli stupefacenti.

 

Un sistema, quello della gestione dell'immigrazione, che non funziona e che riversa le inefficienze dello Stato e i business dei furbi sull'ultimo gradino della scala sociale, i cittadini italiani più poveri, con un'evidente disparità di trattamento. Il tutto perché le domande di richiesta asilo durano tempi biblici e i vari enti che incidono sul fenomeno agiscono in contrasto fra loro o con politiche deleterie.