Rifiuti Roma, la Regione Lazio pensa a commissariare il Comune. Tra 60 giorni
Continua la commedia degli equivoci. Nè Zingaretti né la Raggi vogliono perdere voti risolvendo il problema, e la sentenza del Tar è strumentalizzata o ignorata
Il giochino di lunga data del rimpallarsi le responsabilità sui rifiuti di Roma tra Comune e Regione Lazio prima o poi - forse - dovrà finire. Perché gli impianti servono, e questo è un fatto. Ma nessuno vuole realizzarli perché il Nimby toglie, il Nimby dà (voti). Il Tar ha detto a Nicola Zingaretti: hai sbagliato strumento con Roma Capitale, ma la legge ti dà la possibilità di commissariare. E il presidente del Lazio dice che ora sta pensando di farlo. Tra 60 giorni...
Ieri il Tar del Lazio ha annullato l’ordinanza della Regione dello scorso primo aprile con la quale si ordinava al Campidoglio di adottare e trasmettere, entro 30 giorni, un piano impiantistico mirato all’autosufficienza in termini di trattamento, trasferenza e smaltimento dei rifiuti, e che recasse anche l’impegno a realizzare una rete integrata e adeguata di impianti. Il sindaco di Roma Virginia Raggi è stato lesto a cantare vittoria, sostenendo che si trattasse di "una vittoria per tutti i cittadini e tutti i territori che, da troppi anni, pagano scelte scellerate calate dall'alto".
Ma giocava con le parole, lasciando intendere che ci fosse un'inesistente benedizione alla precisa scelta della giunta capitolina di non realizzare alcuna discarica, che a Roma serve da quando è stata chiusa Malagrotta, né un insieme adeguato di impianti per la gestione della spazzatura. In realtà i giudici amministrativi hanno rilevato, appunto, la mancanza della redazione, pur doverosa, di un piano impiantistico volto a garantire l’autosufficienza nella gestione rifiuti del sub-Ato di Roma Capitale. Ma a Zingaretti quella sentenza del Tar "rimproverava" come lo strumento usato dalla Regione, quello dell’ordinanza contingibile e urgente, non fosse "correttamente esercitato". Allo stesso tempo, richiamava l’articolo 13 della legge regionale 27 del 1998, che reca la disciplina della gestione dei rifiuti, e che attribuisce alla Regione il diverso (rispetto all’ordinanza contingibile e urgente) strumento dell’esercizio del potere sostitutivo in caso di omessa adozione, da parte dei Comuni e delle Province (nella specie, la Città metropolitana), di atti obbligatori previsti dalla legge: ovvero il commissariamento.
Pura commedia degli equivoci, come al solito: la Raggi non ha vinto, Zingaretti neppure perché sapeva bene cosa fare ma non l'ha fatto, ma adesso gli è stato tolto un alibi. Così, il governatore mostra di correre ai ripari, facendo approvare in giunta una nuova delibera in base alla quale "ora abbiamo 60 giorni di tempo per trovare una soluzione condivisa sui punti che anche il Tar reputa oggettivi come la mancanza 'di un piano impiantistico, anche alla luce del Piano di Gestione della Regione Lazio, volto a garantire l’autosufficienza nel trattamento, trasferenza e smaltimento dei rifiuti del Sub-Ato di Roma Capitale", passati i quali, in assenza di una soluzione, dovrebbe infine arrivare il commissariamento. Insomma, Zinga non fa che prendere ancora tempo. Perché, dichiara, "vogliamo Roma pulita ed evitare il rischio che le strade della Capitale siano invase dai rifiuti". Qualcuno gli spieghi la differenza tra "rischio" e "realtà in atto".