Cadaveri depredati e minacce ai concorrenti per accaparrarsi, nell'ospedale di Caltagirone, i servizi funerari: nove misure cautelari emesse per gli impegati di una ditta funebre.
Gli indagati violavano le salme nelle camere mortuarie, anche sottraendo i talloncini identificativi, persino a un feto; sabotavano le attività delle altre ditte con continui danneggiamenti e, attraverso alcune onlus riuscivano a monopolizzare le attività di trasporto dei degenti non deambulanti a mezzo di ambulanze private. Sono nove le persone raggiunte da misure cautelari - 4 ordini di custodia in carcere, uno agli arresti domiciliari e 4 obblighi di dimora - eseguite dai carabinieri di Catania per associazione per delinquere finalizzata alla illecita concorrenza con minaccia o violenza, violazioni di sepolcro, furti aggravati, rivelazione e utilizzazione di segreti d'ufficio, minaccia, interruzione di un ufficio o servizio pubblico, nonché minaccia a pubblico ufficiale ed istigazione alla corruzione.
In un video si vedono alcuni componenti impegnati nella ricerca di gioielli sul defunto, nel furto dei dati anagrafici per evitare l'identificazione da parte dei concorrenti, persino di un Rosario dalle mani della salma, oltre che nella rimozione dei biglietti da visita dell'impresa funebre concorrente, dei manifesti delle altre ditte, e nel danneggiamento degli arredi. Gli indagati - riconducibili tutti a un'impresa attiva nel settore dei servizi funerari - avrebbero organizzato continui sabotaggi all'interno delle camere mortuarie dell'ospedale "Gravina e Santo Pietro" di Caltagirone nei confronti delle imprese concorrenti. Senza alcuno scrupolo e, presidiando anche di notte il nosocomio, hanno compiuto innumerevoli ingressi abusivi all'interno delle sale mortuarie, danneggiando e distruggendo gli arredi funerari delle ditte concorrenti (venivano colpiti sistematicamente i biglietti pubblicitari, i necrologi e i crocifissi posti a ornamento), strappando dalle salme i talloncini identificativi per potere rintracciare, prima delle altre ditte i parenti dei defunti cui proporsi per le onoranze funebri. Ogni segnalazione di un paziente morto in ospedale veniva pagata dall'organizzazione che gestiva i trasporti funebri appena dieci euro. Tra i destinatari degli obblighi di dimora, un infermiere, due soccorritori e un ausiliario dell'Azienda sanitaria provinciale. In carcere sono finiti Paolo Agnello, Massimiliano Indigeno, ritenuto il capo del gruppo criminale, Alfredo Renda, definito dagli investigatori il promotore, in quanto titolare dell'agenzia di trasporti funebri, e Davide Annaloro. Ai domiciliari Alberto Agnello. L'inchiesta è durata un anno, dal marzo 2019 al marzo del 2020. Intercettato dagli investigatori un episodio di violenza contro un caposala del pronto soccorso che durante il lockdown per il Covid aveva tentato di allontanare molti degli indagati che erano soliti stazionare dinanzi all'ospedale "Gravina" di Caltagirone per carpire notizie sui decessi.
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