Università italiane nel mirino della Cina. Servizi di intelligence in allarme
La nuova strategia per entrare nelle università italiane dei colossi tecnologici cinesi
Le barriere dell'Italia nei confronti delle aziende cinesi
Il governo Draghi ha alzato delle barriere agli interessi cinesi in Italia, tra golden power e altre misure volte a limitarne la presa commerciale e diplomatica, soprattutto dal punto di vista tecnologico sul 5G e non solo. Ma, come spiega Repubblica, sta accadendo "che le aziende asiatiche abbiano scelto una strada alternativa. Meno appariscente, ma altrettanto importante e fruttuosa: intensificare scambi e partnership con le nostre università, incrementando progetti e centri di ricerca".
La nuova strategia per entrare nelle università italiane
E continua Repubblica: "Il tutto senza alcuna regolamentazione, tant’è che neppure il ministero per l’Università e la Ricerca possiede una mappa di tali “alleanze”. Che, pure, sono importanti: Huawei è il principale sponsor di una collaborazione sul 6G tra l’University of Electronic Science and Technology of China e il Politecnico di Milano. E, proprio grazie agli accordi con gli atenei italiani, è già dentro il progetto del cloud europeo su cui Bruxelles aveva alzato le barricate".
"Il dibattito sui rischi connessi a centri di ricerca, accademie e think tank finanziati dalla Cina e dalle aziende legate al partito comunista cinese, in Europa è centrale da tempo. L’Italia invece fin qui, almeno con la politica (l’intelligence ci lavora da tempo), è rimasta afona. Eppure la questione esiste", prosegue Repubblica. E ora i servizi di intelligence si attivano per capire quali contromisure si possano adottare.
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