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Cronache
Verona, 20enne rapito e torturato per aver denunciato la baby gang "Qbr"
Bullismo

Verona, ventenne seviziato dalla baby gang "Qbr" per averla denunciata: "Per salvarmi ho approfittato di un loro momento di distrazione"

Aveva deciso di alzare la testa, e di non piegarsi più alle minacce della baby gang veronese di cui aveva fatto parte, la “Qbr”. E per questo un ventenne indiano è stato rapito e torturato dalle 20 di martedì 29 agosto per oltre quattro ore, fino a quando non è riuscito a inviare un “whatsapp della salvezza” alla propria madre dieci minuti dopo la mezzanotte. “Mamma, mamma, mi hanno torturato.. Portatemi via...per favore”. Così la giovane vittima, riporta il Corriere della Sera, rivela com’è provvidenzialmente riuscita a dare l’allarme: “Ho approfittato di un loro momento di distrazione e alle 00.10 ho sbloccato il cellulare in modalità aerea e chiamato subito mia madre... in lingua indiana le ho detto di essere in pericolo e le ho mandato la posizione tramite Whatsapp, quindi l’ho cancellato immediatamente...”.

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Al ventenne sono state diagnosticate al pronto soccorso “policontusioni diffuse agli arti, al tronco e ai glutei da percosse, ematomi e contusioni, abrasioni e lesioni giudicate guaribili in giorni quindici”. I suoi ricordi sono agghiaccianti: “Ho capito subito di essere in pericolo e ho chiamato mia madre in vivavoce, ho fatto in tempo a dire ‘Mamma mamma mamma’ ma poi un ragazzo mi ha colpito al volto, mi ha messo la mano sulla bocca, mi toglieva il telefono e con violenza mi trascinava fuori dall’auto, mi colpiva con una manata, mi spostava di peso...”.

I sequestratori erano ben motorizzati, "una Mercedes cabrio di colore grigio con capote nera e una jeep di colore nera tipo Land Rover", e dopo averlo "caricato a forza sui sedili posteriori, mi hanno trasportato in aperta campagna". Lì, lontano da testimoni, si è consumato il crudele pestaggio: “Mi hanno costretto a denudarmi, tranne le mutande, mi hanno infilato più volte un ago dentro le unghie...legato le mani, fatto alzare e camminare per 200 metri per poi farmi inginocchiare cominciando a colpirmi con diversi oggetti, fruste in pelle, mazze da legno, sassi... Scoppiavo in lacrime e venivo colpito continuamente con violenza su glutei, schiena, gambe, mani, braccia, piedi, a turno... Dopo circa un’ora e mezza in cui ricevevo continuamente queste violenze, venivo obbligato a salire sui sedili posteriori della Mercedes e riportato nella piazzetta del Quartiere Saval ridandomi il telefonino e minacciandomi di ammazzarmi se fossi andato alla polizia”.

 

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