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Culture
Allarme di ONU e UNESCO sull’estinzione

di Paola Serristori

 

Tra i primati rischiano di scomparire oranghi, orangotanghi, scimpanzé. Un milione di specie naturali sono minacciate di estinzione. Specie aliene che attaccano e distruggono quelle conosciute, sviluppando una crescente resistenza agli antifungini ed antiparassitari. I più potenti antibiotici conosciuti non sconfiggono alcuni batteri, un’emergenza sanitaria invisibile. Due casi sono monitorati in Australia ed in Portogallo.

La più grave crisi ambientale conosciuta dal pianeta Terra, tracciata dai modelli scientifici, è uscita dai laboratori scientifici con una velocità superiore alle proiezioni, denunciata durante la Conferenza mondiale sul clima dell’ONU (COP21) del 2015, in cui è stato firmato l’accordo sulla riduzione delle emissioni inquinanti. Quattro anni dopo, la distruzione della biodiversità ad ogni latitudine è evidente realtà. L’uomo ne subirà le conseguenze, perché dalle condizioni della natura dipende il suo benessere: acqua, cibo, sicurezza, salute.

La piattaforma sull’Ecosistema ed i Servizi dell’Ecosistema, a cui partecipano 132 Stati membri dell’ONU, UNESCO, organizzazioni non governative, comitati della società civile, Intergovernmental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services (IPBES), ha preparato il primo rapporto interdisciplinare Global Assessement Report sulla salute dell’ecosistema terrestre nella sede dell’UNESCO. Vi hanno lavorato 450 scienziati indipendenti, per sei giorni, talvolta sino alle due di notte. Il Direttore generale dell’UNESCO, Audrey Azoulay, sottolinea: “Nessuno potrà dire di non sapere. Abbiamo una responsabilità verso le generazioni future. Questo rapporto ci ricorda quanto sia urgente agire in difesa della biodiversità, il nostro patrimonio globale. Proteggere la biodiversità è vitale anche per la sopravvivenza dell’uomo. Lo sviluppo deve avvenire in armonia con la natura.”

ONU e UNESCO foto presentazione rapporto
 

L’UNESCO s’incarica di diffondere una migliore conoscenza nel mondo, affinché non si ripetano comportamenti che aggravano l’emergenza. Nei Paesi sviluppati si sta affermando la pratica della riforestazione, nelle grandi città Londra, Parigi, New York, Pechino, l’aumento delle aree verdi per contrastare gli allagamenti del cambiamento climatico, ma lo sforzo è vanificato dalla contemporanea distruzione della vegetazione nelle regioni del Sud-Est asiatico e del Pacifico, dove la crescita economica sale al 7.6% rispetto al 3.4% mondiale e l’urbanizzazione avanza al 2-3% annuale. Negli ultimi venticinque anni la deforestazione è stata del 12,9%, mentre nel Nord-Est la copertura delle foreste è aumentata del 22.9% e nell’Asia del Sud del 5.8%. Il Direttore generale Food and Agriculture Organization of the United Nation (FAO), José Graziano da Silva, aveva commentato i dati regionali con questo messaggio: “La biodiversità è la chiave della sicurezza alimentare e dell’alimentazione, da cui dipende la produzione del cibo, ma anche la sussistenza delle comunità rurali.”

Tra gli scenari non lontani ulteriori migrazioni si renderanno necessarie e, come annotato gli esperti, la competizione per il cibo provoca guerre. L’intenso sfruttamento dell’acquacultura, che cresce del 7% ogni anno, porterà all’estinzione del 37% di pesci ed invertebrati, la distruzione delle barriere minaccerà la vita delle popolazioni costiere e le loro colture. Nell’oceano asiatico sono localizzati il 95 per cento dei rifiuti di plastica del globo. Non c’è bisogno di spiegare che l’inquinamento circola con le correnti. A questo quadro drammatico si aggiunge la caccia illegale, un commercio mondiale selvaggio ed irresponsabile, che influisce sugli equilibri naturali, già fragili per la morsa dell’inquinamento, ed impoverisce l’ambiente comune. Le Americhe assicurano il 40% della capacità dell’ecosistema mondiale di produzione di materiali naturali. Tutti devono fare la propria parte, poiché nessuno è al riparo dall’emergenza ed ognuno può aiutare a rallentare la corsa all’autodistruzione. La scienza ha stabilito che gli abitanti della Terra stanno vivendo a credito, consumando più delle risorse.

Affari presenta i passaggi salienti della relazione conclusiva di Sir Robert Watson, massimo esperto nello studio dell’atmosfera (in particolare ha studiato l’assottigliamento dello strato di ozono che protegge la Terra dai raggi solari), che ha diretto la sezione scientifica della NASA, a capo della missione Pianeta Terra, per raggiungere in seguito la Banca Mondiale, presidente del gruppo di scienziati che studia l’evoluzione climatica (GIEC), e più di recente presidente IPBES, oggi guidato da tre co-presidenti.

Le Nazioni Unite hanno predisposto un piano strategico con venti obiettivi tra il 2011-2020 (Aichi Plan; Aichi è il nome della Prefettura in Giappone che ha ospitato la conferenza), che sta fallendo. Egli richiama l’attenzione sulle soluzioni ai problemi evidenziati dal rapporto IPBES.

“Non c’è dubbio che questo è il più completo rapporto redatto e che contiene un incredibile numero di dettagli. È altrettanto vero che la comunità scientifica lancia lo stesso messaggio da trent’anni: la biodiversità è importante per il benessere umano e l’uomo la sta distruggendo. Nel 1992, al termine del primo Summit sulla Terra, tenutosi in Brasile, abbiamo firmato la Convenzione sulla Biodiversità che riconosceva la minaccia e la necessità di fermarla. Eppure da allora la perdita della biodiversità ha registrato un’accelerazione. Il rapporto odierno mostra tutti gli effetti, anche sulla sicurezza di acqua ed energia.”

Verso un mondo più povero ed ineguale. “È necessario agire ora per limitare la perdita della biodiversità che minaccia il benessere umano nell’epoca corrente e per le generazioni che verranno. Dobbiamo rallentare la perdita e la degradazione degli habitat naturali, preservare le foreste, le aree umide, le praterie, le barriere coralline, e le specie viventi, dagli insetti alle più grandi, così come per le piante. Il mancato rispetto di molti degli obiettivi Aichi nella maggior parte dei Paesi significa che abbiamo bisogno di azioni, non di obiettivi senza azioni per il periodo post-2020. Un obiettivo senza una serie di azioni specificate non ha senso. L'incontro in Cina, l’anno prossimo, rappresenterà una pietra miliare fondamentale per capire se c'è la volontà politica di raccogliere le prove raccolte in questo rapporto e iniziare ad attuare i cambiamenti trasformativi di cui abbiamo bisogno per conservare e utilizzare in modo sostenibile la biodiversità.”

Sir Watson sollecita un approccio olistico nella soluzione dei problemi della Terra: “Le aree protette svolgono un ruolo nella conservazione della biodiversità. La massima priorità è quella di migliorare la gestione dell'attuale sistema dell'area protetta, e quindi espandere la rete alla biodiversità attualmente non compresa nel sistema. Abbiamo bisogno di progettare un sistema interconnesso più olistico che tiene conto dei cambiamenti previsti nel clima e dei bisogni delle popolazioni locali, in particolare delle popolazioni indigene e delle comunità locali, che occupano molte aree di importanza critica per la biodiversità.”

Il ruolo chiave di un progresso consapevole nei Paesi emergenti: “Il più grande fattore di perdita di biodiversità nei sistemi terrestri negli ultimi decenni è stato il cambio e l'uso del territorio. La conversione di habitat nativi, in particolare foreste e praterie, nei sistemi agricoli necessari per nutrire il mondo. La sfida è trasformare le nostre pratiche agricole, oggi sostanzialmente insostenibili, in quelle che producono il cibo di cui abbiamo bisogno proteggendo e conservando la biodiversità. Ciò significa non espandersi in habitat naturali incontaminati, utilizzando pratiche agro-ecologiche e utilizzando meno sostanze chimiche.”

Il cambiamento climatico, come il co-presidente IPBES Sandra Diaz denuncia, è la causa comune di tutti i processi di perdita di biodiversità. Il co-presidente Eduardo Brondizio conferma l’attenzione sugli effetti sulle api, che sono un indicatore della salute dell’ecosistema: “Un’intera sessione dei nostri lavori è stata incentrata sull’impollinazione, funzione importante nelle coltivazioni che apportano micronutrienti, vitamine e minerali all’alimentazione umana. Il volume delle coltivazioni dipendenti dagli impollinatori è aumentato del 300% nelle ultime cinque decadi. Certe pratiche di agricoltura intensiva mettono in pericolo gli impollinatori, che hanno già subito avvelenamenti da pesticidi ed epidemie. È urgente orientarsi verso scelte ecologiche.”

“Dobbiamo trasformare il modo di produzione e l’uso dell’energia”, aggiunge Sir Watson. I sussidi non funzionano: “È necessario eliminare le sovvenzioni agricole, energetiche e dei trasporti che sono dannose per l'ambiente, ed introdurre incentivi economici a breve termine per stimolare la produzione e il consumo sostenibili. È necessario riconoscere e incorporare il valore del capitale naturale nella contabilità economica, e incorporare i valori, monetari e non monetari della biodiversità ed il suo contributo alle persone nel processo decisionale. Raramente i responsabili delle decisioni riconoscono l'importanza dei servizi di regolazione della natura, cioè la regolazione del sistema climatico, l'inquinamento, l'impollinazione, il controllo delle inondazioni, la depurazione delle acque: tutti questi hanno un valore economico significativo e, naturalmente, c'è il valore sociale della natura, esperienze che godiamo tutti quando camminiamo in una foresta o in un torrente.”

Ognuno di noi può contribuire riducendo lo spreco di cibo, l’uso di energia ed acqua. Le scelte che facciamo hanno un impatto sul pianeta.

Lo scienziato Robert Watson conclude elogiando l’impegno dei giovani, che col movimento Voices for the Planet mantengono l’attenzione generale sui problemi denunciati dagli esperti. E chiede l’impegno non solo di politici, precisando che l’ambiente non è solo responsabilità del ministro dell’Ambiente, ma anche di quelli dell’Agricoltura, dell’Energia, delle Finanze, dei Trasporti…. e dei privati.

“Spesso mi viene chiesto l'entità del problema e l'urgenza del problema. La scala è immensa se non agiamo, molte milioni di specie minacciate di estinzione si estingueranno nel modo in cui il dodo sulla mia cravatta si è estinto. E per quanto riguarda l'urgenza, indosso questi gemelli per ricordarmi che Il tempo non è dalla nostra parte. Il momento di agire è ora.”

Su richiesta del Direttore generale, UNESCO Intergovernmental Oceanographic Commission (IOC) ha incaricato la comunità oceanografica di definire una roadmap per i prossimi anni in modo da coinvolgere tutte le parti (governi, privati, comunità locali ed indigeni) nella collaborazione con la scienza per la salvaguardia delle biodiversità.

UNESCO, insieme a FAO, UNDP e UNEP, ha diffuso il programma Local and Indigenous Knowledge Systems (LINKS) destinato alle comunità indigene per sollecitarle ad adottare comportamenti rispettosi dell’ambiente. La salvaguardia della Terra è una battaglia che si combatte uniti. Non basta lo sforzo di pochi. Technical Support Unit for the IPBES Task Force on Indigenous and Local Knowledge Systems dovrà fornire la conoscenza e gli strumenti per estendere l’azione comune. Un’altra iniziativa è UNESCO-IOC’s Global Ocean Observation System (GOOS), che fornisce i dati del monitoraggio su come il cambiamento climatico e lo sfruttamento delle risorse da parte dell’uomo sta modificando la biodiversità marina. L’aumento della temperatura del mare rende inospitale l’habitat di molte specie. Ocean Biogeographic Information System (OBIS) compara le condizioni dell’ambiente marino e gli studi sull’impatto ambientale. L’acqua e la biodiversità sono strettamente interdipendenti. Non si può dire diversamente per la vita dell’essere umano.

 

 

 

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