"Finale di partita" di Beckett a teatro
Beckett sempre più triste in un mondo sempre più arido. La messa in scena di Finale di partita con la regia Andrea Baracco e l’interpretazione di Glauco Mauri e Roberto Sturno
Teatrovivo.
di Lucilla Noviello
Senza rifiuti ma dentro uno scenario arido e metallico in cui i corpi umani – rappresentati come privi di umanità, vivacità e speranza, pur nelle loro nudità - la messa in scena dell’opera che si issò come l’emblema teatrale di Samuel Beckett, Finale di partita, rappresentata al Teatro Eliseo di Roma fino al 15 ottobre e poi in lunga tournè in tutta Italia, con la regia di Andrea Baracco e interpretata in maniera magistrale da Glauco Mauri e Roberto Sturno accompagnati da due perfetti, a tratti sognanti, a tratti inutili e disperati Elisa Di Eusanio e Mauro Mandolini, è un momento artistico straordinario. Il testo di Beckett, in cui la condizione umana viene svuotata di qualsiasi senso e il mondo tutto non è più un mondo ma uno scenario guardato da due finestre alte da cui la luce filtra grigia; in cui l’ironia è anch’essa pretesto di cinismo e l’allusione all’arte è solo a volte battuta meta teatrale, nella messa in scena di Andrea Baracco è - se è possibile - ancor più enfatizzata. I dialoghi sembrano tali solo perché ne hanno la forma; i personaggi raccontano, storpiandole, storie di poco conto che per loro rappresentino la Storia, oltre le quali non c’è che immobilismo – fisico e filosofico. L’amore è un sospiro, e non ha più neppure memoria. La natura è il ricordo, l’idea; il ricordo dell’idea, forse, della luce, dell’acqua, di un’infanzia che non è neppure evocata ma solo citata attraverso l’uso della parola bambino. Eppure gli attori ancora parlano e si muovono e tentano percorsi – seppur minimi. Perché il teatro resta la voce della disperazione: non c’è speranza ma c’è ancora la rappresentazione della disfatta. In una interpretazione perfetta qual è quella di Roberto Sturno che sa essere addirittura leggero all’interno di un personaggio, Clov, vittima e aguzzino in ogni momento, e in Glauco Mauri, Ham, il suo grosso alter ego capriccioso, inutile, stupidamente cattivo - e perciò privo dell’etica della cattiveria e anche della saggezza di quest’ultimo sentimento negativo – lo spettacolo si srotola bellissimo. E contemporaneamente triste. Fissato dalle parole dei genitori di Ham, Nagg e Nell, relitti nudi dell’esistenza umana, dalle quali sfugge un ultimo sentimento di nostalgia.
Finale di partita di Samuel Beckett. Regia di Andrea Baracco. Interpretato da Glauco Mauri, Roberto Sturno, Elisa Di Eusanio e Mauro Mandolini. Al Teatro Eliseo di Roma fino al 15 ottobre e poi in tournè in tutta Italia.