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Culture
Genovesino. In mostra un maestro del primo 600
-Genovesino-Sacrificio-di-Isacco

di Raffaello Carabini

 

Il Giuda più “imbarazzante” della pittura classica può essere ammirato al Palazzo Comunale di Cremona, assiso alla tavola di una corposa Ultima cena del 1648. Sorta di signorotto avido con il suo sacchetto di monete d’argento avvinghiato dalla sinistra, è di fronte a un Cristo ieratico che lo guarda di sottecchi, seduto in mezzo a una congrega di avventori (stranamente sono in 14 a tavola) di una taverna lombarda, metà poveracci e metà malfattori. Sta per essere incatenato da un demonio: è imperdonabile girare con baffi e pizzetto alla moschettiera e un’improponibile parrucca bionda, che lo fa somigliare alla Raffa nazionale pronta a scuoterla con il suo “nana nanana”!

L’opera, di enormi dimensioni come la coeva Moltiplicazione dei pani e dei pesci, ancora più interessante con la marea di scrocconi e il servo che appende a un ramo le “gerenze” della tela, sono di Luigi Miradori, che tutti nella città del torrone dove visse la metà più felice della sua vita conoscevano col soprannome geografico di Genovesino. Entrambe come la ricca decorazione pittorica dell’altare di san Rocco in Duomo e le opere in alcune chiese della vicina Soresina, fanno da corollario alla prima esposizione monografica dedicata al pittore nato nella città ligure (dove una documentazione sugli artisti che pagavano le tasse lo indica come il contribuente meno sollecitato dal fisco) nel 1605.

“Genovesino. Natura e invenzione nella pittura del Seicento a Cremona”, aperta negli spazi espositivi piuttosto angusti della Pinacoteca Ala Ponzone fino alla prossima Epifania, propone una cinquantina di opere di questo personaggio “molto allegro, bizzarro e faceto”, che girava per la città con una berretta rossa in testa e la barbetta sul mento. Fuggito da Genova per mancanza di ingaggi, si ferma tre anni a Piacenza, dove la situazione non migliora, per approdare poi a Cremona appena 32enne, dove ha già qualche conoscenza e nel volgere di due anni può permettersi di acquistare una casa. L’arrivo del nuovo governatore spagnolo locale, da subito suo collezionista, e la partenza di Pietro Martire Neri lo consacrano il pittore cittadino di maggior pregio, con un’escalation sociale che lo porterà fino all’investitura a priore della ricca Confraternita del Santissimo Sacramento poco prima della morte.

Ben orchestrato il percorso espositivo, anche se l’allestimento è praticamente inesistente, parte con tre quadri dagli evidenti riferimenti caravaggeschi: la Suonatrice di liuto a lungo attribuita a Orazio Gentileschi, il londinese Sacrificio di Isacco e l’iconico Punizione di Core, Dathan e Abiram, dove un unico violentissimo fulmine attraversa metà della tela, mentre l’altra è piena di personaggi, concitati oppure tranquillissimi.

Segue una serie importante di opere – che permette di dire a Vittorio Sgarbi: “mostre così sono più significative di quelle inutili e ripetitive sul Caravaggio” – capaci di evidenziare l’abilità tecnica miradoriana, la sua capacità di impiego dello spazio, la sua attenzione al minimo dettaglio e al moltiplicarsi delle situazioni e degli atteggiamenti dei personaggi, soprattutto la sua capacità di assorbire spunti da ogni dove, dal Guercino al Dürer, dal Morazzone al Ribera, dai napoletani ai tardomanieristi alle più svariate stampe, con un avvicendarsi di quadri dal sapore stilistico lontano, a volte addirittura contraddittorio.

Significativi alcuni ritrovamenti e accostamenti: il Ritratto di Gian Giacomo Teodoro Trivulzio, governatore dello stato di Milano, che attesta definitivamente l’importanza raggiunta dal Genovesino; le due tele che propongono i momenti estremi della vita di san Carlo Borromeo; il Ritratto di un monaco olivetano della famiglia Pueroni con il Miracolo del Beato Bernardo Tolomei, dove lo stesso monaco è effigiato a fianco del protagonista benedicente; la Zenobia regina di Palmira contro cui – fino alla nuova attribuzione – i figli piccoli del ricco proprietario giocavano a pallone, avendo eletta la grande tela a porta; i teschi distribuiti nelle opere di minori dimensioni; la bellissima Annunciazione del mantovano, lasciata al restauro del 1984, così diverso dagli attuali, che, piuttosto che lasciare evidenti le cadute e le attenuazioni di colore, si sforzano di riempire e rifare; i tre diversi San Gerolamo assordati dalle trombe angeliche.

Fino all’indiscusso capolavoro del maestro, il superbo Riposo durante la fuga in Egitto, con sullo sfondo la strage degli innocenti. “Virtuosistica e consapevole prova d’autore, compendio di tutte le propensioni più originali dell’artista” è popolata da grovigli di figure in un’impeccabile ambientazione architettonica. Con la quinta magnifica dell’angiolotto che rifocilla l’asino e il groviglio di angeli – quasi una formazione di paracadusti acrobatici – che portano le corone del martirio per i bambini passati a filo di spada oppure gettati nel vuoto.

 

 

“Genovesino. Natura e invenzione nella pittura del Seicento a Cremona"

Museo Civico “Ala Ponzone”

Via Ugolani Dati, 4 – Cremona

Durata: fino al 6 gennaio 2018

Orari: martedì – domenica: 10-17.00; chiuso lunedì

Ingresso: intero € 10; ridotto e gruppi € 8 (compresa visita del museo)

Catalogo: edito da Officina Libraria

www.mostragenovesino.it

 

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