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Culture
Teatro: "L’ultimo scugnizzo" di Raffaele Viviani

Di Antonio Magliulo

Esistono opere considerate punti fermi, capisaldi della drammaturgia italiana, che il talento teatrale può valorizzare ulteriormente e far assurgere a capolavori senza tempo.

E’ quanto accaduto nei giorni scorsi al Teatro Mio di Vico Equense, con “L’ultimo Scugnizzo”, la nota “piece” di Raffaele Viviani, attualizzata e portata in scena dalla Compagnia 30 allora, diretta da Vincenzo Russo, propostosi pure come interprete nei panni del personaggio centrale.

La trama è nota:‘Ntonio, uno dei tanti scugnizzi che popolano Napoli, è diventato grandicello e vuole cambiare vita, desidera abbandonare la sua esistenza precaria, deciso a darle una svolta e a migliorare la propria posizione sociale. Tenta dunque di procacciarsi un lavoro dignitoso e onesto come segretario di un affermato avvocato, per offrire al figlio che sta per nascere, il calore di una famiglia ed un futuro sicuro. Si adopera in tutti i modi per conseguire il proprio scopo e, grazie alla propria astuzia ed all’esperienza di vita maturata per strada, sta per riuscirvi, ma l’annuncio della morte del nascituro recide il filo di speranza che aveva sorretto tutti i suoi sforzi.

Per il giovane è la presa d’atto di una sconfitta, non tanto sua personale, ma di un’intera categoria, quella degli umili e degli emarginati.

Qui sembra ravvisarsi un’interessante affinità tra la produzione vivianea e quella verista: entrambe volgono la propria attenzione ai ceti più modesti e ritengono difficile, se non proprio impossibile, liberarsi dai lacci della propria condizione iniziale. Non v’è mutamento sociale possibile per gli umili, che sembrano condannati a vivere eternamente negli stenti.

E’ questo il messaggio che si ricava dall’opera, un messaggio che i 30 Allora hanno saputo trasmettere con toni vibrati e talvolta toccanti, in un sapiente mix di commozione e ironia.

La messinscena, opportunamente rivisitata, è apparsa vivace, divertente, interrotta spesso da “bravi” e applausi a scena aperta. Il gruppo, diretto magistralmente da Russo, ha dato prova di notevole professionalità. Ciascun attore ha fornito una prestazione decorosa e convincente, recitando con ritmi sostenuti e padronanza scenica, dimostrando che a volte le compagnie amatoriali possono competere e dare persino dei punti a quelle professionistiche.  

Russo, nel duplice ruolo di regista ed attore, si è confermato artista di razza e, data la sua giovane età, c’è da credere che farà ancora tanta strada, onorando così non solo la propia terra campana, ma il teatro italiano.

 

 

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    l’ultimo scugnizzocompagnia 30 allora





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