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Culture
"Mi immedesimo nel misantropo scrittore, e nei suoi vagabondaggi onirici"
JET SET ROGER

Di Oriana Maerini

Esile, aria malinconica ed un po’ tenebrosa. Jet Set Roger, alias Roger Rossini,  ha un aspetto vagamente  “Lovecraftiano”. La sua passione per il celebre scrittore horror H.P. Lovecraft lo ha spinto, a scrivere e mettere in musica la storia del viaggio nel Polesine di questo misterioso autore americano traendo ispirazione da un articolo del giornalista-regista Roberto Leggio apparso sulla rivista Meridiani. Il concept album si intitola “Lovecraft in Polesine”.   Nell’arco di una carriera ventennale ha pubblicato vari dischi, ottenendo buoni responsi dalla critica, oltre ad un discreto riscontro radiofonico grazie a singoli come "Buttati Battista" e "La vita sociale". Fra le collaborazioni di Jet Set Roger è da segnalare il sodalizio con il collettivo di scrittori bestseller Wu Ming, su commissione del quale ha composto i brani “El Che chez Roger”, e “Manituana”, entrambi pubblicati sul sito del gruppo. Il primo dei due è stato poi incluso nella colonna sonora del documentario "Che Guevara: Il corpo e il mito", prodotto da B&B film, e trasmesso da vari canali televisivi, fra cui Artè, ZDF e History Channel. sul brano “Canzoni Tristi”, Luca Urbani (Soerba), con il quale ha inciso un brano dell’artista. Affari italiani lo ha intervistato per capire il suo rapporto particolare fra musica e letteratura.


Quando nasce la sua passione per la musica, ed in particolare per la musica ispirata dalla letteratura?

Ho cominciato a suonare il pianoforte a 5 anni: da quando mi ricordi la musica è sempre stato il mio interesse principale. Per quanto riguarda la combinazione di musica rock e letteratura, credo che la prima volta che mi resi conto di come i due mondi potevano stare insieme fu ascoltando “The rime of the ancient mariner” degli Iron Maiden, a metà degli anni 80. Ero ancora un ragazzino, e non avevo mai pensato di poter trovare questo genere di rimandi “alti” in un disco rock: fu molto stimolante.

 

E l’idea del lavoro su  Lovecraft in Polesine?

Nel 2009 trovai in una edicola/libreria del Lido degli Estensi un vecchio numero della rivista “I meridiani”, dove, in articolo del giornalista – scrittore Roberto Leggio,  si parlava di un carteggio apparentemente scritto da Lovecraft, e dell’ipotesi di un suo viaggio nel Polesine. La cosa mi sembrò inverosimile, ma mi intrigò molto, dato che sono un grande appassionato dei suoi racconti. In più mi trovavo proprio nella regione del delta del Po, e la coincidenza mi parve singolare.

 

Quindi ha anche  visto il film Road to L. e Ipotesi di un viaggio in Italia scritto e diretto da Leggio insieme a Federico Greco. Quanto quelle suggestioni sono state importanti nella realizzazione del disco?

Ho appreso del film molti anni dopo, mentre stavo chiudendo la scrittura dell’album. Non ho voluto vederlo perché temevo mi avrebbe condizionato nel processo creativo. Avevo preso alcune suggestioni dall’articolo di Roberto Leggio, ma poi avevo costruito una mia storia, che ha sicuramente più di un punto di contatto con la storia originale, ma si sviluppa in modo autonomo, con personaggi  ed eventi da me inventati. Quando ultimai le registrazioni, volli subito vederlo e scoprii un film molto bello ed ispirato, che da allora ho rivisto più volte.

 

Quando è  rimasto affascinato da Lovecraft?

Cominciai a sentir parlare di Lovecraft leggendo articoli e fumetti, poi intorno ai 17 anni uno dei miei fratelli mi regalò l’opera omnia nella bellissima edizione curata da Giuseppe Lippi, piena di approfondimenti e contestualizzazioni. Negli anni seguenti lessi e rilessi i racconti e le note di Lippi decine di volte, e credo di essermi più volte immedesimato nel misantropo scrittore, e nei suoi vagabondaggi onirici.

Il disco abbraccia vari generi musicali. Non è propriamente rock…

La mia cifra stilistica principale è sempre stata il Glam Rock (David Bowie, Lou Reed, Marc Bolan, Bryan Ferry), oltre alla parte di New Wave maggiormente influenzata dal Glam (Bauhaus, Siouxsie & the Banshees, Adam & the Ants, Psychedelic Furs) tuttavia sono abbastanza onnivoro nei miei ascolti. Ho studiato pianoforte al Conservatorio di Brescia, e ho fatto parecchio lavoro di approfondimento sul blues, sul folk, sulla musica rinascimentale ed elisabettiana, e sul music hall.
In particolare credo che in Lovecraft nel Polesine, diversamente dai miei dischi precedenti, si possa ascoltare uno spettro più ampio di influenze, e credo di essere riuscito a trovare finalmente una forma espressiva pienamente autonoma.

Il Lovecraft che traspare dal disco è molto rock, al contrario di quanto non fosse stato nella realtà. Come mai?

“Lovecraft nel Polesine” non ha alcuna pretesa di accuratezza storico/critica: è un divertissement in tutto e per tutto. Il Lovecraft protagonista di questa vicenda è senz’altro un misantropo, anche se non così estremo come lo fu quello reale, ed è portato all’introspezione e alle suggestioni oniriche. Mi sono immaginato come avrebbe potuto sentirsi lo scrittore di Providence se dopo il fallimento del matrimonio con Sonia Greene avesse davvero dato una svolta alla propria vita, facendo qualcosa di assolutamente incongruo come attraversare l’oceano e visitare il Polesine. Me lo sono immaginato animato da uno spirito di rottura verso le pastoie rappresentate dal rapporto contrastato con la figura materna, con le zie, con il suo microcosmo di provincia, e per una volta nella vita, pronto a mettersi in gioco e ad affrontare qualcosa di completamente diverso. Salvo poi venir di nuovo inghiottito dai propri incubi e dalle proprie visioni apocalittiche. In questo si potrebbe dire che il mio personaggio è in qualche modo un perdente del Rock’n’Roll.

 

 

 

Lovecraft in Italia è un “mito” particolare. Incompreso, quasi un Ufo, come David Bowie.  E’ d’accordo?

In realtà credo che Lovecraft sia molto apprezzato in Italia, e che abbia ispirato moltissimo la cultura pop (mi vengono in mente mille fumetti e film, fra cui “Inferno” di Dario Argento, dove fatta salva l’ispirazione generica al “Suspiria de profundis” di De Quincey, l’atmosfera è senz’altro “Lovecraftiana”). Però credo di capire cosa intendi: non parliamo certo di uno scrittore “mainstream”, conosciuto dalle masse. Credo che molta gente sia entrata in contatto con il suo universo e con le sue suggestioni senza nemmeno saperlo.
 

Nel disco traspare una buona conoscenza dei luoghi che descrivi. Li conosceva prima?

Per vari motivi mi trovo spesso a bazzicare la parte sud del Polesine, e credo che sia una parte d’Italia molto affascinante e misteriosa. Dei luoghi che cito ho però visitato solo Goro: Rovigo, Loreo, Porto Tolle e Mesola li ho descritti in base ad alcune vecchie cartoline e ad articoli che ho letto. Si potrebbe dire che ho utilizzato un approccio alla Emilio Salgari, che descrisse minuziosamente le foreste del Borneo e i mari dell’Indonesia senza esservi mai stato!
 

Nel progetto appare Andy Rourke degli Smiths. Ci parli di come l’ha convinto ad aderire al tuo progetto?

Andy e io siamo amici ormai da parecchi anni. Ci siamo incontrati la prima volta ad un piccolo festival nella città di Brescia, dove era in visita con la moglie, e siamo andati avanti a parlare e a bere vino fino a tarda ora, finendo poi sul palco della Latteria Molloy a suonare un brano degli Stooges insieme al duo “Le ragazze da copertina”. Quella sera scoprimmo di avere alcune amicizie comuni a Londra (in particolare Marco Pirroni, ex chitarrista di Adam & the Ants e di Siouxsie & the Banshees, che pure appare nel disco), e da allora siamo rimasti sempre in contatto, incontrandoci a Brescia o a New York, dove risiede.
 

Tra i brani che mi sono piaciuti di più c’è Una buona idea. Un pezzo che ricorda molto da vicino le sonorità degli Smiths dei tempi d’oro …..

Sono contento che ti sia piaciuta questa canzone, che sarà in effetti il prossimo singolo tratto dall’album. Sì, sono d’accordo sul fatto che ci siano alcuni rimandi agli Smiths, per il tipo di melodia e sicuramente per il basso di Andy.

 

Ha mai pensato di far conoscere il tuo lavoro su Lovecraft negli States?

Mi piacerebbe che gli addetti ai lavori, forse i curatori dell’eredità Lovecraftiana come S.T. Joshi ne fossero a conoscenza, ma tutto lì. Per diffondere il mio lavoro negli Stati Uniti dovrei tradurlo in inglese, ma al momento non è nelle mie priorità. Forse in futuro.
 

Il progetto grafico di Alexandar Zograf?

Zograf è anch’egli un amico di vecchia data, e abbiamo collaborato altre volte in passato. In particolare partecipammo insieme ad un progetto del collettivo Wu Ming, contribuendo alla “colonna sonora” del libro Manituana con un mio brano e due sue tavole ispirate al romanzo. Questa volta ho voluto chiedergli di realizzare un intero fumetto, dato che ero interessato  ad ampliare la dimensione del mio concept album, facendo sì che non fosse solo un disco, ma anche un libro a fumetti che raccontasse la mia versione della storia di Lovecraft in Italia.


Ha in programma altri progetti musicali di matrice “letteraria”, ce ne puoi parlare?

Sì, ho un altro progetto in mente, per ora nelle fasi iniziali di lavoro. Posso dire che sarà basato su due figure storiche: uno scrittore scozzese vissuto nell’ottocento, e uno scrittore francese di epoca rinascimentale. Per sapere chi siano e in che modo siano legati bisognerà aspettare un annetto o due…


Altri progetti futuri?

Vorrei registrare un disco di cover italiane. E’ un’idea che ho in testa da parecchio tempo, tanto che ho più o meno definito la scaletta, e ho anche inciso qualche demo.
 

Altre passioni oltre la musica?

Mi piace cucinare, bere buon vino, passeggiare nei boschi e nelle vie dei centri storici delle vecchie città, leggere libri e fumetti, guardare film d’autore..

 

 

Tags:
jet set rogerroger rossini





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