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Culture
Moni Ovadia all' Elfo Puccini "ricordando Jannacci"

«Come si fa a cadere nel pessimismo quando c’è la musica?», diceva Enzo Jannacci cantautore, cabarettista e attore ma anche cardiochirurgo, tra i maggiori protagonisti della scena musicale italiana del Dopoguerra. Fin dagli anni ‘50, ha lavorato insieme agli amici Dario Fo e Giorgio Gaber, passando dalla canzone dialettale al rock al jazz, fornendo l’ispirazione anche a personaggi come Renato Pozzetto, Diego Abatantuono, Massimo Boldi. 
Tra i suoi brani più noti: Vengo anch’io. No tu no, El portava i scarp del tennis, Ho visto un re, Quelli che. La vita l’è bela... Alcune di queste canzoni, diventate oramai dei classici, sono reinterpretate da Moni Ovadia -   artista versatile e curioso sperimentatore – che  le propone in un’inedita veste.
Lo spettacolo ha debuttato al Festival Astiteatro il 2 luglio 2014, in una versione con la musica dal vivo eseguita dalla Filarmonica Toscanini. 
Nella ripresa della stagione 2015/16 le musiche sono eseguite dal vivo da Alessandro Nisi.


Questo l’articolo scritto da Moni Ovadia per la Stampa in occasione della morte di Enzo Jannacci nell’aprile 2013:
Il bardo dei poveri cristi

Il grande, grandissimo Enzo Jannacci ci ha lasciati. Oggi noi milanesi siamo diventati orfani e insieme a noi l'Italia intera ha perso uno dei suoi figli più autentici. È stato in assoluto, a mio parere, il più originale poeta della canzone che abbiamo avuto il privilegio di ascoltare e insieme un artista della scena e del cinema inarrivabile nel suo essere stralunato e surreale. Il suo talento di musicista si esprimeva al meglio nel jazz come nel rock, ma la fonte più intima della sua prodigiosa ispirazione era l'humus poetico-culturale delle periferie urbane e specificamente quelle della sua Milano. La "capitale morale", quando Jannacci fece la sua comparsa sulle scene della canzone e del cabaret, era una metropoli industriale in pieno e impetuoso sviluppo, dava lavoro, chiamava gli immigrati dalle periferie meridionali orientali ed isolane dello Stivale. Ma la stessa orgogliosa città, albergava nei suoi interstizi e nei suoi sottofondi, la povera gente, i disperati, i fuori di testa, gli esclusi, i sognatori  senza voce, i terroni, gli abbandonati dall'amore e dalla vita, le puttane navi scuola da strada e da cinema. Di tutti questi poveri cristi, lui è stato il cantore assoluto. Jannacci ne ha colto, incarnato e raccontato la storia, le emozioni, i sentimenti e la vita vera. Di quel popolo ha interpretato la malinconica, maleducata e balorda grazia, ha rivelato che la poesia dei luoghi, fiorisce nei gesti impropri e sgangherati degli ultimi fra gli ultimi, nella loro grandiosa lingua gaglioffa e sfacciata. 
Enzo non era nato povero cristo, aveva fatto ottimi studi in ogni senso, ma quella condizione l'aveva incorporata con arte alchemica. L'aveva assunta nel volto fisso alla Buster Keaton, nei gesti liricamente scomposti, nel modo di suonare la chitarra tenuta bloccata sotto il mento, nella fibra e nel canto della lingua vernacola di cui esprimeva l'anima e di cui aveva trasferito l'umore triste e gagliardo anche nell'italiano. Tutta questa sapienza confluiva nella sua inimitabile voce sguaiata e sul crinale precario della sua intonazione che dava vita ad un capolavoro espressivo e stilistico. Jannacci è stato un caposcuola e il caposcuola di se stesso. Con lui se ne va la Milano più struggente e necessaria. Sarà difficile andare avanti.


ELFO PUCCINI, SALA SHAKESPEARE corso Buenos Aires, 33, Milano GOVEDì/SABATO ORE 21.00, DOMENICA ORE 16.30 - Intero 30.50 € - Ridotto giovani/anziani 16 € - Martedì 20 € - Info e prenotazioni: tel. 02.0066.06.06, www.elfo.org 

Tags:
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