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Culture
Torna il Festival della scienza di Roma “Genius loci. Dove abita il genio”

Dal 16 luglio al 2 agosto torna a Roma “Genius loci. Dove abita il genio”, il festival della scienza di Roma, che ogni anno anima la Capitale, aprendo le porte dei luoghi in cui la scienza vive, normalmente inaccessibili. Una grande rassegna di eventi, giunta alla sua terza edizione, tutti gratuiti: mostre, workshop, tour guidati, performance, per far conoscere a un pubblico ampio i posti e i protagonisti di una Roma meno nota, non la città dei fasti antichi ma quella proiettata verso il futuro dei centri di ricerca internazionali, che tutto il mondo ci invidia.

La scienza viene così raccontata in modo semplice, ironico e multidisciplinare, attraverso il coinvolgimento di una rete di istituzioni e associazioni impegnate su fronti differenti, che restituiscono un’immagine della ricerca articolata e ricca di sfumature.

Il festival, inserito nella programmazione di Eureka!Roma e Romarama di Roma Capitale, raccoglie partecipazioni entusiastiche di pubblico e di partner di spicco, e appare tanto più significativo quanto il tema della ricerca scientifica è cruciale in questo particolare momento storico, a causa della pandemia. Ne parliamo con la curatrice del festival Laura Calderoni, dottore di ricerca, architetta, che con l’associazione Open City Roma, promuove eventi artistici e culturali nella Capitale, fra i quali Open House Roma, che ogni anno rende accessibili 250 luoghi di interesse architettonico.

Fin dalla prima edizione la partecipazione numerosa del pubblico al festival è stata una sorpresa incoraggiante per chi si occupa di cultura, soprattutto se consideriamo che si tratta di un evento che riguarda l’architettura e la scienza, due temi che i più valutano settoriali e distanti. È segno forse del fatto che se c’è poco interesse verso alcune tematiche culturali è perché non sono veicolate nel modo adatto?

È importante proporre modalità creative che facciano della multisciplinarietà lo strumento cardine per rendere accessibili temi anche molto complessi. “Genius Loci. Dove abita il genio” vuole far suo questo principio, attraverso le visite nei luoghi dove lavorano gli scienziati e i ricercatori e che nella maggior parte dei casi sono spazi interessanti anche dal punto di vista architettonico e storico. Faremo così con la visita al Museo Storico della Fisica e Centro Studi e Ricerche "Enrico Fermi"-CREF, trasferitosi da poco nella storica palazzina che per dieci anni fu il luogo di lavoro de "I ragazzi di via Panisperna". Qui i ricercatori di oggi racconteranno l'esperimento del 1934, quello del "bombardamento" degli elementi con neutroni usati come proiettili per produrre radioattività artificiale, utilizzando la fontana posta nel cortile che Fermi stesso ha usato.

Cosa significa parlare di scienza adesso che la pandemia ha acceso i riflettori sull’importanza centrale della ricerca e sull’impatto reale che ha nella vita di ognuno di noi?

Prima della pandemia davamo un po’ per scontata l'attività di ricerca, come se fosse un campo estraneo a noi, lontano dalle nostre vite, invece l'esperienza di questi mesi ci ha fatto capire quanto sia importante sostenere una ricerca libera e pubblica. Ci siamo sentiti tutti orgogliosi alla notizia che le ricercatrici dell'INMI Lazzaro Spallanzani avevano isolato il virus mentre, prima del Covid-19, in pochi conoscevano l'attività del centro di ricerca. Fin dalla prima edizione del festival proprio lo Spallanzani è stato uno dei posti visitabili con i tour guidati, una struttura d’eccellenza anche dal punto di vista architettonico, con i suoi 15 padiglioni realizzati per la maggior parte negli anni ’30. Anche quest’anno la visita allo Spallanzani costituisce un momento importante della programmazione, sarà un momento di grande significato simbolico oltre che culturale, proprio perché adesso abbiamo toccato con mano l’importanza della ricerca che si svolge in questa sede.

Il festival utilizza l’ironia, la performance, la multidisciplinarità per parlare a diversi livelli e con toni di voce differenti, perché questo tipo di comunicazione?

L'obiettivo principale del festival sarà quello di arrivare a un pubblico il più eterogeneo possibile, sia per formazione che per età, utilizzando modalità e format differenti. La collaborazione con "La scienza coatta", che da anni conduce un progetto di divulgazione scientifica in romanesco, ci porterà all'interno delle scuole, così come la web series in cinque puntate "La fine der monno- chi ha lasciato la tera sur foco?" sarà l'occasione per denunciare l'urgenza di occuparci della nostra casa, la Terra, ripensandola da un punto di vista quotidiano, che tocca la vita di ognuno di noi. Invece con Tavola Rotonda e Circolo Legambiente Mondi Possibili tratteremo il tema dell'economia circolare con delle performance, per farci capire come sia possibile "non buttare via niente", così come facevano i nostri nonni. Anche in questo caso il punto di partenza è l’esperienza personale e di vita di ognuno di noi a dare forza e peso al contenuto, a comunicare il tema come qualcosa di estremamente concreto e vicino al quotidiano.

Durante il lockdown abbiamo visto il moltiplicarsi di iniziative sui canali digitali e social, per quest’edizione avete integrato gli appuntamenti fissi con quelli virtuali. Avete risposto a un’esigenza che era nell’aria?

Vogliamo cogliere l'opportunità di sperimentare nuovi format attraverso i tour virtuali che non sono la sostituzione di quelli fisici, ma rappresentano uno strumento in più per affrontare argomenti complessi con maggiore creatività e libertà. Ad esempio nel tour "Terrae motus", realizzato insieme ai ricercatori dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, ripercorreremo la storia di Roma attraverso i suoi terremoti, parlando di archeosismologia e cittadinanza scientifica consapevole.

Il suo percorso accademico e di ricercatrice nell’ambito dell’architettura l’ha portata alla divulgazione, alla comunicazione orizzontale e accessibile dei temi legati alla città e al progetto. Ricerca settoriale e divulgazione, come si conciliano questi due aspetti apparentemente antitetici?

È necessario mantenere sempre un canale di comunicazione tra la ricerca e la divulgazione. Al di là dell'immagine stereotipata del ricercatore chiuso nel suo studio o laboratorio, la ricerca è un'attività sociale che vive di scambio e dialogo. Per essere efficace deve essere riconosciuta come valore condiviso e per fare questo è molto importante far conoscere il lavoro dei ricercatori, affinché sia riconosciuto come prezioso per la comunità.

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