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Economia
Assicurazioni, bloccati i dividendi. Un “tesoretto” di quasi 2 miliardi
(fonte IPA)

L’emergenza coronavirus bloccherà la distribuzione dei dividendi delle assicurazioni italiane, dopo che già Unicredit, Banca Mediolanum e Banca Generali hanno deciso di seguire l’esempio di Banco Santander, accogliendo “l’invito” di Bce e Banca d’Italia a non distribuire dividendi e non avviare buy-back azionari sino almeno a ottobre? Per ora non è ancora stato deciso nulla, ma l’Ivass (l’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni) pare intenzionata a chiedere a sua volta alle compagnie assicurative italiane di astenersi dal distribuire utili ai soci, in scie anche all’analoga richiesta formulata dall’autorithy europea del settore, l’Eiopa.

Perché le authority europea e italiana chiederebbero di sospendere la distribuzione degli utili ai soci delle compagnie è evidente: se l’emergenza coronavirus, e l’incertezza sulla strategia europea per affrontarne le conseguenze economiche, portasse ad un allargamento strutturale dello spread Btp-Bund, i livelli di Solvency II ratio (requisito di solvibilità, ndr) sarebbero a rischio. Ogni aumento dello 0,5% in termini dello spread tra i decennali di Italia e Germania fa infatti calare di 15-20 punti base il Solvency ratio e a fronte di uno spread Btp-Bund pari a fine 2019 all’1,60%, oggi siamo attorno attorno all’1,97% (ma in mattinata si è anche visto brevemente un 2%).

Al momento i Cda di Generali e Unipol Gruppo hanno proposto rispettivamente 96 centesimi e 28 centesimi di dividendo per azione (da staccare il 18 di maggio e in una data ancora da stabilire sempre di maggio), ma entrambi vanno ancora deliberati dalle rispettive assemblee e vi è dunque il tempo per invitare i soci a soprassedere. In tutto si accantonerebbero oltre 1,7 miliardi di euro (1513 milioni per Generali e 201 milioni per Unipol Gruppo). Dal canto suo UnipolSai (controllata al 79,3% da Unipol Gruppo) aveva annunciato una cedola di 16 centesimi, in crescita del 10% rispetto all’anno prima, per complessivi 115 milioni di euro.

La decisione ora andrà confermata o congelata dall’assemblea del prossimo 29 aprile. Cattolica Assicurazioni (75 milioni di utile netto realizzato nel 2019, in calo dai 107 milioni dell’anno prima, a fronte di 6,9 miliardi di raccolta) aveva invece già rinviato ogni decisione sull’eventuale distribuzione del dividendo rinviando anche la convocazione dell’assemblea dei soci. Net Insurance (12,5 milioni di utile su 84,4 milioni di premi lordi) infine aveva invece già detto di non voler distribuire dividendo, come del resto previsto dal piano industriale 2019-2023.

Tra le non quotate, Vittoria Assicurazioni (74,4 milioni di utile netto lo scorso anno) ha in calendario di staccare, il 4 maggio, un dividendo di 30 centesimi per azione pari a poco più di 20 milioni di euro in totale, ma anche in questo caso l’assemblea deve ancora esprimersi, mentre il Cda di Reale Group (80,4 miliardi di utile su 5,3 miliardi di raccolta dal preconsuntivo approvato lo scorso dicembre) deve ancora visionare i dati definitivi del 2019 e dunque non si è ancora espresso in merito all’eventuale dividendo.

La trentina Itas, al cui vertice Raffaele Agrusti (nominato amministratore delegato e direttore generale nel marzo 2017 dopo lo scanalo che travolse il suo predecessore Ermanno Grassi) si è appena dimesso in anticipo di un anno dalla fine mandato, venendo sostituito dal vicedirettore generale Alessandro Molinari, ha infine chiuso il 2019 con 36,2 milioni di utile a livello di conto economico complessivo (includendo anche le variazioni patrimoniali che non transitano a conto economico), fronte di 1.692 milioni di raccolta premi, ma a causa di alcune voci straordinarie, con un risultato consolidato netto negativo per 9,9 milioni.

In ogni caso Itas, essendo una mutua assicuratrice, non eroga dividendi ma redistribuisce ai propri soci assicurati il valore generato attraverso le proprie attività, consentendo loro l’accesso a coperture assicurative a tariffe scontate. Visto anche l’improvviso e imprevisto rinnovo dei vertici, che secondo alcune fonti sarebbe solo l’epilogo di contrasti emersi tra Agrusti, in precedenza per 30 anni top manager del gruppo Generali, e il presidente e il vicepresidente di Itas (Fabrizio Lorenz e Giuseppe Consoli, è facile immaginare che anche Itas adotterà in ogni caso una politica quanto mai prudente per non subire ulteriori contraccolpi dall’emergenza coronavirus.

Nel complesso, l’invito di Ivass se accolto dovrebbe l’effetto di far accantonare 1,8-1,9 miliardi di euro a fronte di una raccolta che nei primi 9 mesi dello scorso anno (secondo gli ultimi dati Ivass) era arrivata a superare i 107 miliardi, stabile rispetto allo stesso periodo del 2018 (anno che si concluse con una raccolta complessiva di oltre 145 miliardi). In teoria, se la raccolta del settore assicurativo si confermerà stabile sui valori 2018 (e quindi i dividendi costituiranno circa l’1,25% della raccolta stessa) quanto basta per mantenere il Solvency II ratio sopra i livelli di guardia anche a fronte di un allargamento dello spread Btp-Bund dal 2% sino al 5%-5,1%.

Un livello che oggi può suonare inverosimile, ma che in piena crisi del debito, nel 2010, venne raggiunto e persino superato. Al picco storico del novembre di quell’anno, infatti, il sovrarendimento pagato dai titoli di stato italiani rispetto agli omologhi tedeschi fu del 5,74% e ogni rischio di “Italexit” o comunque l’assenza di una soluzione comunitaria alla crisi scatenata dalla pandemia di coronavirus rischierebbe di riportare alla mente vecchi fantasmi mai del tutto sopiti. La prudenza appare dunque quanto mai opportuna.

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    assicurazioni dividendi




    
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