Economia
"Bitcoin a un milione di euro? Traguardo realistico. Tassazione al 33% legge senza fondamento, incostituzionale"
Checksig presenta la sua lettura del mercato crypto: Bitcoin continua a sovrastare ogni asset, le stablecoin diventano strategiche negli USA, l’Europa fatica a coordinarsi. Interviste

"Bitcoin a un milione di dollari? Non è fantascienza. In Italia c'è un problema grande legato alle licenze"
"Se fossimo tutti d’accordo che Bitcoin è oro digitale, oggi varrebbe già un milione di dollari", così Ferdinando Ametrano, ceo di Checksig, ha concluso il press lunch in cui la fintech milanese, unica realtà italiana con attestazioni SOC e coperture assicurative dedicate, ha presentato oggi la propria lettura del mercato del Bitcoin e crypto. Un incontro a cui Affaritaliani ha avuto modo di partecipare e che ha messo sul tavolo temi come la volatilità della valuta digitale, stablecoin e soprattutto la traiettoria dei mercati per il prossimo anno.
Oggi Bitcoin guida il mercato con una quota del 60%, ma dopo i massimi di ottobre, la criptovaluta è arretrata del 35%, cancellando i guadagni annuali ma senza del tutto incrinare la narrativa di un 2025 comunque da record tra nuovi all-time-high e volumi che restano sui livelli più alti del 2024. Secondo Checksig, anche se il 2025 dovesse chiudersi con una performance leggermente negativa, la sostanza non cambierebbe, perché la crescita strutturale di Bitcoin continua a sovrastare qualsiasi asset class tradizionale.
"Bitcoin ci ha abituato a ritracciamenti importanti: nel 2011 perse il 93% del valore, nel 2013 l’83% e nel 2017-18 di nuovo l’83%. Sono numeri che non devono spaventare", afferma Ferdinando Ametrano, Ceo di Checksig. "Allo scoppio della bolla dot-com, Amazon perse il 94% del suo valore, più di Bitcoin, e sappiamo bene com'è andata a finire. Va anche notato che i drawdown degli ultimi anni, tra 2021 e 2025, si sono limitati al 20-30%, dinamiche assolutamente naturali".
"Quello che abbiamo osservato negli ultimi anni è una forte istituzionalizzazione dell’asset", aggiunge Michele Mandelli, Managing Partner di Checksig. "Nel 2025 il sistema bancario tradizionale è entrato in modo evidente sull’asset class: Santander, Openbank, BBVA e altri operatori hanno iniziato a offrire servizi di acquisto, vendita e custodia ai propri clienti. Non parliamo di ETF, ma di accesso diretto al bene fisico, come avviene tradizionalmente per l’oro. Il mercato, infatti, rimane in larga parte ‘fisico’: dei circa 3 trilioni di dollari di market cap, solo una piccola quota è rappresentata da ETF e ETP".
Ma è sul fronte delle stablecoin che si gioca la vera partita. "L’aumento dei volumi e dell’interesse internazionale hanno innescato una competizione internazionale che coinvolge Stati e big tech", osserva Ametrano. "Donald Trump ha intuito il potenziale strategico delle stablecoin per rafforzare l’egemonia del dollaro: con il Genius Act ha imposto agli emittenti l’obbligo di detenere riserve in titoli del Tesoro, trasformando di fatto le stablecoin in un supporto diretto al debito pubblico statunitense".
E aggiunge: "Ma Trump ha colto questo potenziale grazie anche a due italiani, Giancarlo Devasini e Paolo Ardoino, che hanno creato e sviluppato Tether, oggi la stablecoin più diffusa al mondo, ancorata al dollaro e utilizzata nei Paesi emergenti per proteggere il potere d’acquisto, favorendo una crescente dollarizzazione globale". Tether infatti ha introdotto USAT, una versione di USDT destinata al mercato statunitense e pienamente allineata ai requisiti del Genius Act; non a caso oggi Tether è anche il settimo detentore di titoli del Tesoro americano.
Ma in tutto questo come appare l'Europa? Ancora cauta e frammentata. Infatti come evidenzia il report di Checksig, il progetto dell’euro digitale promosso dalla Bce avanza con estrema lentezza, mentre gli operatori privati procedono con maggiore rapidità: nove banche europee (tra cui UniCredit e Banca Sella) hanno dato vita a un consorzio per una stablecoin privata in euro. "Grazie al regolamento MiCA, l’adozione istituzionale si è consolidata anche nell’Ue e tra gli operatori che hanno avviato l’offerta di servizi cripto figurano importanti banche tradizionali come Commerzbank, affiancate da challenger bank come Revolut e N26", afferma Mandelli. "Germania, Paesi Bassi e Francia primeggiano per licenze rilasciate: in totale sono state concesse 102 autorizzazioni, di cui 27 tedesche, 20 olandesi e 20 francesi".
E l’Italia? "Si prepara ad autorizzare pochi operatori", prosegue l'esperto. Banca d’Italia gestisce il percorso semplificato per gli operatori già vigilati (banche, SIM, IP, IMEL), mentre Consob segue l’iter estensivo per i provider puri. "Il problema", spiega Mandelli, "è che delle 150 persone giuridiche iscritte al registro OAM dei VASP, solo 45 hanno avviato un confronto informale con le autorità e appena 7 hanno presentato un pre-filing. Al momento non è stata rilasciata neppure una licenza né da Banca d’Italia né da Consob".
Nel frattempo, tutti i principali operatori cripto italiani hanno presentato o presenteranno comunque la domanda ufficiale entro il 31 dicembre 2025, così da poter operare in regime di grandfathering fino a giugno 2026. Tuttavia, osserva Mandelli, "l’impostazione estremamente rigorosa delle autorità lascia facilmente pensare che solo pochi VASP italiani riusciranno a ottenere le licenze MiCA in Italia". Per molti player minori si apre quindi la strada dell’arbitraggio regolamentare: Malta e Cipro offrono, per esempio, percorsi più snelli e oneri di governance inferiori, "cercare licenze altrove non è la strada più giusta, ma cosa fare altrimenti?", ammette l’esperto.
Oltre al nodo delle licenze, c'è un ulteriore tema che accende il dibattito: la tassazione del 33% sulle plusvalenze da criptovalute, un tema introdotto nella nuova Legge di Bilancio e che ha sollevato più confusione che altro. Su questo punto il Ceo Ametrano ha commentato: "L’aumento al 33% è un provvedimento senza fondamento, che molti considerano incostituzionale. La Costituzione tutela il risparmio in tutte le sue forme: non ha senso che un risparmiatore che compra Bitcoin paghi più tasse di chi compra un ETF su Bitcoin, che resta al 26%. Non si capisce perché una forma di risparmio debba essere tassata più di altre".
"In Commissione, persino Banca d’Italia ha dichiarato che cambiare la normativa fiscale ogni anno non è auspicabile: investitori e risparmiatori hanno bisogno di stabilità e non c’è ragione per un’aliquota più alta". E aggiunge: "Qui sembra davvero che si voglia distruggere l’industria italiana: non si rilasciano licenze agli operatori seri e si aumenta la tassazione. Detto questo, Bitcoin non smette di crescere e non smetterà, perché tutti i mercati europei si stanno aprendo e nei prossimi mesi vedremo grandi afflussi di capitale".
Ametrano prosegue: "Purtroppo c'è ancora molto scetticismo sull’idea che Bitcoin sia l’equivalente digitale dell’oro. Se fossimo tutti d’accordo che Bitcoin è oro digitale, il prezzo sarebbe già a un milione di dollari, perché non ci è ancora arrivato? Perché non tutti lo vedono così". E conclude: "Bitcoin ha la particolarità di essere trattato da alcuni operatori, soprattutto hedge fund, come una proxy dei titoli tecnologici del Nasdaq. Siccome è quotato 24 ore su 24, 7 giorni su 7, se arriva una dichiarazione politica a mercati chiusi, il primo asset su cui fare de-risking è Bitcoin: Bitcoin assorbe per primo qualsiasi shock. Finché questa doppia natura persisterà, vivremo ancora forti momenti di volatilità. Io li vedo come un’opportunità, altrimenti Bitcoin sarebbe già a un milione di dollari, un traguardo che per me è del tutto plausibile".
