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Economia
Brexit: ci perdono tutti, anche l'Italia


Mentre il Consiglio Ue discute sulle condizioni poste dal Regno Unito, torna dominante la minaccia della Brexit. In vista del referendum, quasi certamente a giugno o settembre, che chiederà ai cittadini britannici di decidere le sorti del loro paese, da ogni parte arrivano proiezioni sulle possibili conseguenze dell'uscita del Regno Unito dall'Unione Europea.
Se i sostenitori della Brexit ritengono che la Gran Bretagna risparmierebbe miliardi di sterline diretti alle casse dell'Ue e avrebbe piena libertà di siglare i propri accordi commerciali con le altre nazioni, molti economisti non vedono positivamente una tale ipotesi.
"Nel breve termine gli svantaggi sarebbero tutti a danno dell'Inghilterra - ha detto ad Affaritaliani.it Claudia Segre, Board Member Assiom Forex - poi ne risentirebbe anche l'Unione Europea" e, di conseguenza, anche l'Italia.
Uno studio della Bertelsmann Stiftung pubblicato nel 2015 in collaborazione con l'Ifo Institute di Monaco, sostiene che la mancata permanenza del Regno Unito nell'Ue potrebbe costare ai contribuenti inglesi circa 313 miliardi di euro con il Pil in contrazione del 14% nell'arco di 12 anni. In caso di Brexit uno dei principali problemi per la Gran Bretagna sarebbe la rinegoziazione dei rapporti commerciali che prevede tempistiche lunghe.
"Non essendoci più agevolazioni riguardanti dazi e scambio - prosegue Claudia Segre - l'Inghilterra reagirebbe con un innalzamento delle barriere doganali che andrebbero a inficiare sul rapporto import/export efficiente tra Ue e Gran Bretagna".
E in questa situazione sarebbe coinvolta anche l'Italia. Con l'aumento delle imposte tutte le importazioni dall'estero diventerebbero più difficoltose e come spiega Segre: "L'Inghilterra è un mercato che interessa molto il nostro paese soprattutto per quanto riguarda i settori delle eccellenze come l'agroalimentare che, già danneggiato dalle sanzioni nei confronti della Russia, oggi può beneficiare di facilitazioni nell'interscambio con la Gran Bretagna. La Brexit renderebbe più difficile proseguire con questo trend positivo".
Nel Regno Unito, infatti, investono varie società italiane principalmente nei settori dell'energia con l'ENI, della difesa con Finmeccanica, dell'automotive con Fiat e sono anche molto attive imprese legate al mondo della moda, del design, dell'IT e dei servizi bancari e finanziari. "L'innalzamento di barriere difensive sia all'import che per i rapporti d'interscambio - sostiene Segre - certamente ci farebbe perdere opportunità di accordi commerciali e ridurrebbe la possibilità di ampliare il mercato".
Ma un'altra conseguenza negativa per l'Italia riguarda i futuri trasferimenti di italiani in Gran Bretagna. Negli ultimi anni migliaia di cittadini del Bel Paese si sono spostati in Inghilterra in cerca di lavoro o per motivi di studio. In caso di Brexit, conclude Claudia Segre: "Certamente i trasferimenti troverebbero maggiori difficoltà, non solo in termini burocratici, perché non varrebbe più il principio di libera circolazione dei lavoratori dell'Ue".

Stefania Bernardini

 

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