Economia
Carige, prima giornata di scambi “veri” in Borsa: varrebbe oltre 600 milioni

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Ottanta centesimi per azione
Ottanta centesimi per azione, una capitalizzazione – teorica – di mercato di oltre 606 milioni di euro. È il bilancio dei primi due giorni di ritorno in Borsa di Carige dopo oltre due anni e mezzo. L’ultima volta che si era vista all’ombra di Palazzo Mezzanotte, la banca valeva complessivamente 83 milioni con un prezzo per azione di 0,0015 euro.
Da allora è successo veramente di tutto. In primo luogo, l’istituto di credito genovese è per il 79,9% in mano al Fondo Interbancario e per l’8,3% alla Cassa Centrale Banca. In secondo luogo, il vero ritorno in Borsa è avvenuto ieri, ma l’eccessiva volatilità ha impedito di fare prezzo.
Oggi la situazione si è ribaltata. La Borsa ha vietato l’immissione di ordini senza limiti di prezzo e il rialzo teorico è del 26,6%, per un controvalore – appunto – intorno agli 0,85 euro per azione. Il punto è che capire che cosa succederà nelle prossime settimane. Per il ritorno all’utile di Carige bisognerà attendere – secondo il piano industriale – il 2023, quando dovrebbe registrarsi un risultato positivo per circa 23 milioni di euro.
Ma ci sono due problemi non di poco conto: il primo è che per rispettare i requisiti patrimoniali imposti dalla Bce servirebbe una ricapitalizzazione da 400 milioni di euro. Tradotto, circa due terzi del valore attuale della società. In secondo luogo, rimane pendente il problema con la famiglia Malcalza, che ha avanzato una richiesta danni all’istituto genovese per 539 milioni di euro.
È vero che Carige reputa “remota” la possibilità di una soccombenza e che ha presentato una domanda riconvenzionale da 229 milioni, ma non si possono dormire sonni (totalmente) tranquilli. Tanto più che la banca ha scelto di non accantonare nessuna cifra, escludendo una evoluzione sfavorevole del contenzioso dalle previsioni del piano industriale.
In ultima analisi, rimane da capire che cosa succederà in futuro sul tema delle acquisizioni. Che Carige possa essere un obiettivo “appetibile” non è certo una novità. Deutsche Bank ha il mandato per esplorare eventuali soggetti interessati, mentre i nomi che si fanno sono sempre gli stessi: Bper, Banco Bpm o Unicredit. Intanto, non rimane che attendere qualche giorno per capire meglio quali sono le idee degli analisti sul futuro dell’istituto di credito genovese. Si vedrà.