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Economia
Cina, la guerra senza sosta del Governo contro le Big Tech

Essere Big Tech in Cina è una missione difficile e pericolosa. Il Governo cinese non vede di buon occhio tutto quello che potrebbe sfuggire al suo controllo ed allora si muove con durezza censurando tante progettualità.

Ultima vittima in ordine di tempo è Didi Chuxing, la più importante compagnia di car sharing, una sorta di Uber cinese.

Ebbene le autorità cinesi, dopo aver detto che la società aveva raccolto in maniera illegale i dati personali dei suoi 490 milioni di utenti e 13 milioni di conducenti, ha imposto alle piattaforme delle applicazioni cinesi di smettere di offrire quella di questa società.

La China Cyberspace Administration è partita con un’indagine sulla società per proteggere "la sicurezza nazionale e l'interesse pubblico".

La società aveva iniziato a fare trading a New York, nella più grande IPO in questo mercato di quest'anno.

A causa dell’indagine il valore di Didi è sceso del 7%. Nel suo primo giorno di negoziazione alla Borsa di New York, era stata valutata 68.490 milioni di dollari (55.725 milioni di euro). Aveva registrato perdite di 1.600 milioni di dollari e un calo del reddito dell'8% a causa della pandemia da Coronavirus.

Didi Chunxing è un colosso capace di assorbire le operazioni di Uber in Cina. I suoi servizi sono presenti in Cina e in altri quindici paesi, come Messico, Australia, Brasile, Colombia, Perù e Ecuador.

In Cina, offre non solo il trasporto in auto, ma anche biciclette condivise, consegna di cibo o servizi finanziari. E’ una delle app più popolari.

Fondata nel 2012 da Will Cheng Wei, all'epoca giovane 29enne, è già stata oggetto di diverse indagini relative alla sicurezza e a pratiche antitrust.

Ma l’occhio dei regolatori cinesi è sempre vigile su tutte le attività del suo miliardo e 400 milioni di abitanti. Nulla deve sfuggire all’attenzione del Governo, dagli acquisti, agli investimenti ai trasporti e persino ai pasti.

Tra le tante indagini per “mettere alla corda” i grandi big tech del paese quella contro il gigante dell'e-commerce Alibaba.

Le autorità avevano già bloccato l'IPO di Ant, il braccio finanziario del conglomerato fondato da Jack Ma. Ad aprile, i regolatori hanno imposto una multa di 2,35 miliardi di euro ad Alibaba per violazione delle norme antitrust. Nello stesso mese, le autorità antitrust hanno convocato i capi di 34 delle grandi aziende tecnologiche cinesi, tra cui Didi.

L'indagine contro la società mira a "prevenire i rischi per la sicurezza dei dati nazionali, garantire la sicurezza nazionale e proteggere l'interesse del pubblico", secondo l'amministrazione del Cyberspace.

Un'altra azienda presa di mira dalle autorità cinesi è Boss Zhipin, un portale di lavoro online. Anche le app di autotrasporti cinesi Yunmanman e Huochebang, che si sono fuse nel 2017 per formare la Full Truck Alliance, sono oggetto di indagine.

Oltre a bloccare l'accesso all'app per i nuovi utenti, i regolatori cinesi richiedono a Didi di correggere le sue violazioni e di conformarsi alle leggi e ai regolamenti cinesi. E la guerra contro le libertà continua senza sosta.

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