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Economia
Come si farà ad andare in pensione nel 2022?

Perché la pensione dello Stato non basta più

Chi oggi ha tra i 50 e i 60 anni è cresciuto in un mondo nel quale era considerato ovvio che alla fine della propria carriera lavorativa ci si potesse comodamente ritirare, grazie all'assegno pensionistico da parte dello Stato. Nel frattempo, però, il mondo è cambiato profondamente e soprattutto negli ultimi anni c'è stato un forte calo delle nascite. Il bilancio (ancora provvisorio) del 2021 parla di 12.500 nati in meno rispetto al 2020, quando i lieti eventi furono 404.892, che comunque già rappresentavano un calo di 15.000 unità rispetto al 2019. Quando questi bambini diventeranno giovani adulti ed entreranno nel mondo del lavoro, dovranno farsi carico dei ben 18 milioni di connazionali nati nel ventennio tra il 1955 e il 1975 (non a caso, si parla di “baby boomer”). Nel 2050 per ogni pensionato ci saranno meno di due adulti in età lavorativa, dato che pone l'Italia sopra la media UE, con solamente Portogallo e Grecia a presentare numeri peggiori.

Vivere fino a 100 anni e lavorare fino a 70?

Nonostante la mattanza provocata dal Covid-19, che ha fatto vittime soprattutto tra gli anziani, la popolazione è progressivamente invecchiata. Il peso delle pensioni sul PIL è cresciuto in maniera esponenziale e nel 2020 ha toccato il livello-record del 14,53%. Per il consuntivo 2021 si prevede un lieve calo (14,02%), che comunque è molto sopra i livelli di inizio millennio (10,65% nel 2000). Le previsioni per il futuro prevedono un ulteriore innalzamento dell'età media, legata anche ai flussi migratori. Per questo i timori dei cinquantenni e sessantenni che iniziano a pensare al proprio futuro post-lavorativo sono pienamente comprensibili: si vivrà più a lungo e quindi si dovrà lavorare di più, ma fino a quando? 

Quanti sono i pensionati in Italia?

Attualmente i percettori di pensione sono il 26,62% della popolazione residente: 16 milioni, dei quali 8,3 milioni donne e 7,7 milioni uomini. Qui si rileva anche una profonda ingiustizia sociale, poiché le donne, pur essendo in numero maggiore, ricevono il 44% dei fondi complessivi, a fronte del 56% degli uomini. I singoli livelli di prestazione dipendono dal sistema con il quale viene calcolata la pensione, che può essere retributivo (ovvero basato sull'ultima retribuzione percepita al lavoro) oppure contributivo (sulla base dei contributi effettivamente versati). Questo sistema, peraltro non nuovo, rappresenta la maggiore garanzie per le casse pubbliche e sarà certamente la strada maestra anche nel prossimo futuro, come chiaramente spiegato dal Governo. 

Cosa mi succederà nei prossimi anni?

Per chi inizia a preoccuparsi del proprio futuro (come appunto chi è nella fascia 50/60 anni), il primo passo da compiere è quello di avere chiara la propria situazione. Lo si può fare attraverso i vari commercialisti e consulenti che offrono questo servizio, che in precedenza veniva svolto dall'Inps attraverso la famosa “busta arancione” voluta da Tito Boeri, ma poi non confermata dalla successiva gestione. Una volta chiarito il proprio destino pensionistico, ciascuno può operare le migliori scelte nel proprio interesse, ma è un fatto comune a molti che, se l'assegno pubblico rischia di non bastare più, bisogna aggiungervi una pensione integrativa privata o degli investimenti che garantiscano dei ritorni costanti nel tempo. Ovviamente, prima si chiarisce la propria posizione, più tempo c'è a disposizione per migliorarla.

Pensioni, tagli fino al 35% con il contributivo: che cosa cambierà nel 2022

Ricalcolare la pensione tutta col contributivo comporterebbe una perdita netta che si aggira tra i 20 e i 130mila euro dall'uscita agli 82 anni. Il piano del Governo è stato battezzato Opzione Tutti e prevederà l'uscita del lavoro a un'età minima di 62-63 anni. Opzione Donna è stata proporogata fino al 31/12/22 ma con un taglio medio del contribuito previdenziale del 6% per le dipendenti e del 13% per le lavoratrici autonome. Il ricalcolo della pensione tutta col contributivo comporterebbe però a una perdita tra il 20 e il 30% dell'assegno, ovvero tra 20mila e 130mila euro di minori incassi dall’uscita agli 82 anni, attuale traguardo della vita media. Queste simulazioni sono state realizzate dalla Cgil in vista del tavolo sulla previdenza convocato dal premier Draghi. "Vediamo se c’è davvero la volontà del governo di avviare un confronto e non solo un ascolto per superare le rigidità della legge Fornero", dice Roberto Ghiselli, segretario confederale Cgil e responsabile previdenza.


Come si rivaluteranno le pensioni nel 2022?


Ci sono anche dei pensionati che invece possono festeggiare le buone notizie. Dal 1 gennaio 2022 le pensioni fino a quattro volte il minimo (ovvero fino a 2.062 euro) avranno una perequazione rispetto all'inflazione del 100% (+1,7%) gli assegni superiori godranno di un recupero rispetto all'aumento dei prezzi del 90% e poi del 75%. Il trattamento minimo oggi pari a 515,58 euro mensili passerà a 524,34 euro. Chi percepisce una pensione lorda annua di 5.000,00 euro con il nuovo sistema avrà un beneficio di 29,75 euro mensili (oltre 380 l’anno). Un assegno pensionistico da 1000 euro (inferiore a 4 volte il trattamento minimo) avrà una rivalutazione dell'1,7% e salirà a quota 1017. Uno da 1500 passerà attorno ai 15,25, quelli con 2000 euro cresceranno a 2034. Mentre una pensione da 2.500 euro mensili (tra le 4 e le 5 volte il trattamento minimo) avrà un tasso di rivalutazione del 1,53% passando a 2.534 euro. E così via, tenendo conto che le pensioni tra i 3 e i 5mila euro godranno di un tasso di rivalutazione del 1,275% (dunque dovrebbe essere: da 3mila e 3.48, da 4mila a 4.061, da 5mila a 5.073). Bisogna sottolineate che gli importi delle pensioni sono provvisori ossia riferiti all'inflazione misurata sui  primi 9 mesi dell'anno. A gennaio 2023 l'Inps passerà alla verifica con il valore definitivo ISTAT di tutto il 2021 e all'eventuale conguaglio.
 

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