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Economia
Commercio, il Covid brucia 191.000 posti di lavoro. Lo dice l'Istat

Il covid ha colpito duramente il settore del commercio, con un calo di 191.000 occupati nel secondo trimestre. Lo rileva l'Istat, nel corso di un'audizione sul rilancio del commercio alla luce della crisi causata dal Covid-19. "I lavoratori del commercio ammontano, nel secondo trimestre 2020, a 3 milioni 112 mila e rappresentano il 13,7% del totale degli occupati. Rispetto al secondo trimestre 2019 gli occupati del settore sono diminuiti del 5,8% (per un totale di circa 191 mila unita'), con un calo quasi doppio rispetto a quello osservato per il complesso dell'occupazione (pari al 3,6%)", spiega il direttore centrale per gli studi e la valorizzazione tematica nell'area delle statistiche economiche dell'Istat, Gian Paolo Oneto.

"Nel complesso, particolarmente marcato e' il calo occupazionale tra i lavoratori indipendenti (-9,3%), con una dinamica negativa molto accentuata (-12,7%) per i lavoratori autonomi senza dipendenti", precisa. Nel secondo trimestre si e' registrato "un netto calo della propensione al consumo (scesa di circa 10 punti percentuali rispetto al secondo trimestre del 2019), in quanto le misure di restrizione dei comportamenti di acquisto hanno condotto a un calo della spesa molto superiore a quello del potere d'acquisto delle famiglie, su cui hanno agito in senso positivo le molte misure pubbliche di sostegno e integrazione del reddito".

Oneto aggiunge che nei primi nove mesi dell'anno "gli esercizi commerciali appartenenti al settore alimentare sono rimasti aperti e non sono stati colpiti dalla crisi: nella media dei nove mesi hanno segnato una crescita del 3,1% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Gli esercizi che si occupano di vendite dei beni non alimentari sono stati, invece, penalizzati in modo diretto dalle chiusure e il relativo indice ha registrato un calo complessivo nel periodo del 13,5%". "Tra le forme distributive, solo il commercio elettronico presenta risultati positivi con una crescita continua che ha condotto ad un aumento del 29,2% nell'arco dei nove mesi", sottolinea.

Oneto ha aggiunto che "sia per le imprese operanti su piccole superfici, sia per la grande distribuzione si registrano diminuzioni, ma di intensita' molto differente, con cali rispettivamente dell'11,3% e del 2,8%; in entrambi i casi la caduta riflette l'andamento negativo delle vendite di beni non alimentari". Il direttore centrale dell'Istat ha poi precisato che "la crisi sociale ed economica , dovuta alle misure necessarie per contrastare la pandemia, si e' manifestata - come e' noto - con velocita' e intensita' senza precedenti a partire da marzo. Gli indicatori congiunturali relativi all'attivita' economica hanno registrato cadute fortissime a marzo e aprile per quasi tutti i comparti produttivi, per poi segnare nei mesi successivi una rapida inversione che si e' estesa prima all'industria e poi a gran parte dei servizi. Il recupero si e', probabilmente, interrotto a ottobre, con il riemergere della pandemia e il ritorno a misure di contenimento e, per alcune attivita', di chiusura".

Per l'Unione Nazionale Consumatori si tratta di "dati shock. La diminuzione della propensione marginale al risparmio di ben 10 punti, attesta che manca la fiducia dei consumatori e che, anche quelli che se lo possono permettere, preferiscono risparmiare piuttosto che spendere, in attesa di tempi migliori. Insomma, meglio tenere i soldi sotto il materasso a fronte di un futuro incerto", dice il presidente Massimiliano Dona, aggiungendo che "l'incertezza dipende ovviamente e prioritariamente dall'andamento della pandemia, ma il Governo avrebbe potuto fare molti di piu' per migliorare la situazione. I vari bonus non sono bastati a ridare fiducia e a rassicurare gli italiani. Da marzo, ad esempio, denunciamo che la politica dei voucher va nella direzione esattamente opposta a quella che servirebbe. Nessuno prenota una vacanza di questi tempi se poi rischia, in caso di annullamento, di rivedere i suoi soldi solo dopo 1 anno e mezzo. E' questa la ragione principale del fallimento del bonus vacanze. Il Governo deve cambiare rotta e prendere atto che con bonus a pioggia dati a casaccio non si va da nessuna parte”. 

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