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Economia
Consob: in ultimi 5 anni Opa con delisting salite dal 50 a 90%

Oltre il 60% delle Opa lanciate tra il 2007 e il 2019 su titoli azionari (109 su 174) hanno previsto l'ipotesi del delisting, con un recente trend di crescita dell'incidenza dell'uscita dal listino, passato negli ultimi cinque anni di analisi dal 50% al 90%. E' quanto si legge nel documento "Le Opa in Italia dal 2007 al 2019: evidenze empiriche e spunti di discussione" pubblicato dalla Consob. Ad essere oggetto di delisting, si legge nel paper, non sono piu' solo le societa' di piccole dimensioni, controllate in maniera quasi totalitaria dallo storico azionista di maggioranza, ma anche societa' di grandi dimensioni, revocate dalla quotazione dal nuovo soggetto controllante subito dopo l'acquisizione della maggioranza.

L'obiettivo di partenza era quello di favorire la contendibilita' delle imprese, assicurare parita' di trattamento fra azionisti di maggioranza e di minoranza in caso di passaggio di controllo in una societa' quotata e migliorare l'efficienza complessiva del mercato finanziario. L'esperienza sul campo, fondata sull'analisi dell'applicazione in Italia della disciplina di legge in materia di offerte pubbliche di acquisto (Opa), racconta, pero', un'altra storia. Solo in una minoranza dei casi lo strumento dell'Opa e' servito effettivamente ad acquisire il controllo di una societa'-bersaglio in una contesa di mercato fra investitori in concorrenza tra loro.

Sempre piu' spesso, invece, l'Opa è usata per portare le societa' quotate fuori dalla Borsa (delisting). L'analisi, si precisa, non intende proporre cambiamenti normativi, ma vuole semplicemente offrire al legislatore spunti di riflessione in vista di un eventuale aggiornamento della disciplina sulla base delle evidenze emerse dall'elaborazione di un database proprietario di oltre 20.000 dati. La ricognizione prende le mosse da un excursus storico sulla genesi della disciplina sull'Opa, introdotta in Italia per la prima volta nel 1992 e poi modificata ripetutamente nel corso del tempo per impulso sia del legislatore nazionale (il Testo unico della finanza del 1998) sia della direttiva europea in materia di Opa, approvata nel 2004 e recepita nel nostro Paese nel 2007.

Da allora il quadro normativo in Italia e' stato ulteriormente rimaneggiato in piu' occasioni, per tener conto, tra l'altro, dell'evoluzione del mercato dopo la crisi finanziaria del 2007- 2008 e della parallela evoluzione legislativa in alcuni dei principali Paesi europei. Il discussion paper si concentra sul periodo 2007-2019 dopo il recepimento in Italia della direttiva Ue. In quei 13 anni lo studio analizza 231 offerte, soffermandosi in particolare sulle 174 offerte pubbliche di acquisto -volontarie e obbligatorie- su titoli azionari.

Di queste ultime, la tipologia di Opa a cui comunemente si pensa - offerta ostile finalizzata ad acquisire il controllo di un'azienda quotata contro la volonta' del management (e degli azionisti) della societa'-bersaglio, si presenta solo in 10 casi. Il dato riflette sicuramente la tipologia degli assetti proprietari (concentrati) nelle societa' quotate, ma apre qualche interrogativo anche sul ruolo giocato in tal senso dalla normativa vigente.

L'analisi si sofferma su vari altri aspetti, tra cui il premio a beneficio delle minoranze (in media il 13% rispetto all'ultima quotazione prima dell'annuncio d'Opa), le Opa a sconto (in cui il prezzo e' inferiore alla quotazione di mercato) e l'andamento dei corsi azionari della societa' target dopo la conclusione dell'offerta, che in buona parte dei casi evidenzia una tendenza negativa. Quest'ultimo risultato -si mette in evidenza- sembra contraddire la teoria economica e la volonta' del legislatore, convergenti nell'intento di favorire le operazioni di cambio di controllo per consentire l'ingresso nell'azionariato di investitori in grado di gestire l'impresa con maggiore efficienza e migliore redditivita'. 

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