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Economia
Coronavirus, pronta la rete delle banche centrali. Perché non deve far paura

Le notizie di questi giorni hanno colto di sorpresa le istituzioni e i cittadini; comprensibilmente la preoccupazione per la salute prende il sopravvento rispetto a qualsiasi considerazione finanziaria.

Dal nostro punto di vista dobbiamo però sforzarci di concentrarci sulle ripercussioni economiche del coronavirus, che saranno significative: ci aspettiamo un impatto negativo fino a 2 punti percentuali per il PIL cinese e anche l’Italia avrà un danno economico derivante dall’emergenza emersa in questi giorni.

Dalla riunione del G20 a Riad, il Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco ha fatto riferimento a un impatto per l’Italia anche superiore allo 0,2% del Pil; la possibile entità potrà dipendere dalla rapidità con la quale il focolaio di epidemia verrà messo sotto controllo. La Lombardia è la regione più colpita ed è anche quella più importante dal punto di vista economico, al centro di numerosi eventi internazionali.

Subiranno conseguenze indirette molti altri Paesi, soprattutto quelli a vocazione industriale. Sulla base delle precedenti epidemie (Sars, Mers, Ebola) si potrebbe ipotizzare che l’impatto economico, per quanto severo, possa essere limitato a poco più di un trimestre. Vi sono però delle considerevoli differenze. Il terziario potrebbe reggere meglio rispetto al passato, grazie alla possibilità di lavorare da casa; d’altra parte, in Occidente le aziende hanno ridotto i magazzini dopo il credit crunch del 2008 e di conseguenza possono incorrere più rapidamente in problemi di approvvigionamento. Insomma, non possiamo contare su paralleli molto affidabili.

I mercati finanziari hanno finora reagito pacatamente al coronavirus: tra gli investitori vi è la convinzione diffusa che le banche centrali potrebbero rispondere a dati economici particolarmente deboli con manovre espansive, come ha già fatto la People’s Bank of China

Le banche centrali continuano quindi a essere un pilastro insostituibile per le borse globali. Vi è inoltre la possibilità che vengano attuate iniziative coordinate di natura fiscale in caso di una battuta d’arresto dell’economia globale. La volatilità potrebbe aumentare e ogni segnale di accelerazione o contenimento dell’epidemia continuerà ad avere un impatto immediato sulle Borse. 

Occorre tuttavia considerare che le alternative d’investimento nel comparto obbligazionario continuano a scarseggiare. Le principali banche centrali hanno già intrapreso manovre espansive di medio termine e i tassi sono destinati a rimanere molto bassi a lungo, tanto più in uno scenario incerto come quello attuale. 

Nonostante il quadro sia certamente molto complesso, preferiamo i mercati azionari, mantenendo un’ampia diversificazione geografica. Abbiamo un sovrappeso contenuto sugli emergenti, che continuano a mostrare un maggiore potenziale di crescita, oltre a valutazioni che consideriamo attraenti.

Siamo più cauti sull’eurozona per via della minore crescita economica, che probabilmente sarà ulteriormente zavorrata dall’epidemia di coronavirus. La maggiore dipendenza dall’export e la debolezza della domanda interna incidono negativamente nell’attuale contesto. Inoltre, l’indice europeo ha una forte esposizione al sistema finanziario, che risente dei bassi tassi d’interesse.

Questo mese abbiamo chiuso il sovrappeso sull’azionario giapponese, perché i dati economici si sono rivelati più deboli del previsto e i risultati trimestrali hanno portato a tagli delle stime. In questo contesto, la ricerca di rendimento senza incorrere in eccessivi rischi di credito non è facile. Una strategia alternativa al mercato obbligazionario per la ricerca di rendimento è l’azionario dell’eurozona con dividendi elevati: si tratta di titoli che spesso fanno parte di settori meno esposti al ciclo economico, ma ovviamente comportano una volatilità maggiore rispetto all’obbligazionario.

*Chief Investment Officer UBS WM Italy

 

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