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Economia
Coronavirus,"Fase 2? Via Ateco: aprire filiere. Debito? Italiani comprino BTP"

 

“Bisogna lavorare a filiere. Non a codici Ateco. Se ho una piccola azienda di finestre e il mio codice Ateco può operare, ma i vetrai sono chiusi, io cosa faccio?” Se lo domanda, Antonio Catalani, economista di impresa, una carriera di docente in Sda Bocconi e consulente di numerose aziende, da anni.  “Ogni ragionamento logico porta alla soluzione tedesca: aprire tutto, salvo bar e ristoranti. E mi domando come sia possibile che in una task force di 17 persone chiamata a gestire la ripresa, non vi sia un solo imprenditore”. Catalani porta come esempio ciò che sta succedendo nell’automotive. “ L’Italia è un grosso subfornitore di componenti per auto dell’industria automobilistica tedesca. 

Pensate che loro stiano ad aspettare le aziende italiane? No, andranno a comprare in Polonia. Il tema della riapertura non ha solo a che fare con la liquidità delle aziende. È il posizionamento strategico della nazione che cambia”. Quindi da cosa si dovrebbe partire? “Da ragionamenti che ogni imprenditore sarebbe portato a fare. In primis, i miei fornitori ci sono? Produrrò per il magazzino o per clienti attivi? Se non posso  vendere, è meglio tenersela, la liquidità. Come sono messo con il digitale? Qual è la rete che lega la mia azienda alle altre? Forse chi fa politica dimentica troppo spesso che in Italia  abbiamo decine di migliaia di micro aziende sotto i cinque dipendenti, che rappresentano il 25% dell’occupazione, mentre il  98% sono pmi che garantiscono l’80% dell’occupazione.

La macchina dello Stato ci costa 800 miliardi, ma è una società di servizi, non produce valore. Se perde chi versa le tasse, va a gambe all’aria pure lui”. Quindi  visto che già costa 800 miliardi di euro, tutti questi comitati  hanno un’utilità? “Pensiamo che sono state chiamate 70 persone a decidere la app per il tracciamento…Purtroppo ci vuole la capacità politica di decidere. Esistono scienze esatte, io le definisco “dure”, come la chimica, la fisica, che compiono migliaia di verifiche empiriche finché arrivano ad assiomi, a paradigmi. Poi ci sono le quasi scienze, come l’economia e  la medicina, che non hanno la stessa certezza deterministica. Ci aspettiamo da Istituto Superiore di Sanità e da manager come Vittorio Colao delle risposte esatte, ma non esistono. Tutti questi comitati a cosa servono?

A fornire alibi ai politici perché a fronte di qualsiasi fallimento possano dire “me lo ha detto la scienza”. Ma purtroppo siamo nell’estrema urgenza e le decisioni vanno prese adesso”. Cosa si potrebbe fare  per gestire la crisi e aiutare materialmente le aziende? “Una cosa che già suggerì Giulio Tremonti. Siamo la nazione con più depositi liquidi al mondo, abbiamo  8.000 miliardi di patrimonio di cui 4.000 liquidi, il debito pubblico è di  1340 miliardi. Cosa fanno in America, in Inghilterra?  Affrontano l’ inflazione o muoiono di fame? Certo non scelgono la seconda via. Stampano moneta. Noi potremmo emettere Buoni del tesoro riservati a soggetti italiani, a un tasso del 3%. Fino al 1986 per i Buoni poliennali del tesoro era prevista l’esenzione dalle tasse.

Invece di tenere soldi liquidi in banca, ai cittadini potrebbe essere proposto di prestarli allo stato, investendo in Buoni del Tesoro. Ma per qualche strana ragione non viene fatto”.  Cosa ne pensa della soluzione di indebitare l’Italia restituendo il prestito a sei anni? “Le rispondo con un esempio. Nel 2020 non avevamo ancora finito di restituire il debito contratto per la crisi del 2008. E si trattava di un calo del 4% del Pil, oggi dobbiamo tappare un buco del  10%. Le ho risposto?”.

 

 

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