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Economia
Obi, il virus ha cambiato il vecchio modello produttivo italiano e meridionale

L’emergenza sanitaria andrà via com’ è arrivata? O invece dovremo abituarci a convivere con una vulnerabilità prima sconosciuta? Certamente alcuni parametri dell’economia andranno ridiscussi. Tra questi la globalizzazione giocata al ribasso inseguendo costi sempre più competitivi. Significa che torneranno ad avere un senso le produzioni locali e il mercato locale, i prodotti a chilometro zero o comunque a filiera corta. Il cittadino preferirà i prodotti del proprio territorio perché sa da dove vengono e come sono prodotti ed anche chi li ha prodotti. Questo sarà vero non solo per il comparto alimentare ma pure per gli altri comparti manifatturieri suscettibili di incamerare il valore territoriale. Anche l’economia green avrà un ruolo assolutamente prioritario. E di sicuro il vecchio modello produttivo italiano, soprattutto meridionale, centrato su “piccolo è  bello”, su artigianato e servizi di dimensione e contenuto umano, su una agricoltura familiare, potrebbe tornare vincente. Affaritaliani ne parla con l’economista Antonio Corvino, direttore generale dell’Osservatorio Banche Imprese-Economia e Finanza.

 

Il sistema economico sarà ancora quello conosciuto fino adesso? “Direi che l’ubriacatura  da onnipotenza consumistica dovrebbe lasciare il passo ad un consumo e ad una produzione intelligenti e selettivi , responsabili e compatibili con il respiro del pianeta. Di conseguenza immagino che l’elefantiasi produttiva dovrà  essere rivista. Anche i giochi di borsa dietro il sistema economico dovranno forse ridimensionarsi e lasciare più spazio alla produzione di media e piccola entità più direttamente legata al mercato che alla speculazione. È ovvio che bisognerà  capire bene cosa è successo, dove abbiamo sbagliato e come rimediare, ma di sicuro il vecchio modello produttivo italiano e meridionale centrato su “piccolo è  bello”, su artigianato e servizi di dimensione e contenuto umano, su una agricoltura familiare, potrebbe tornare vincente”.

Manifatturiero (le tre A: aerospazio, agricoltura, abbigliamento) e farmaceutico traineranno ancora l'economia? “Sono tutti settori strategici che torneranno a trainare l’economia. In modo particolare proprio la farmaceutica dovrà essere ulteriormente sostenuta e sviluppata. L’attuale crisi sanitaria ha dimostrato che su quel versante non si può essere eccessivamente dipendenti dagli altri. L’agricoltura e l’abbigliamento, interpretati con le clausole della qualità  e della tracciabilitá, immagino che trarranno nuovo impulso. I mercati però saranno più esigenti, sia vicino casa che lontano da essa”. 

Oggi la gente si reca nei supermercati, lo farà anche domani? “Con molta probabilità  molte abitudini cambieranno. Se, come tutto lascia immaginare, siamo di fronte ad una vulnerabilità strutturale da virus e batteri, anche le abitudini quotidiane cambieranno ed anche i supermercati dovranno adeguarsi. Ma non solo i supermercati tutta la distribuzione dovrà adeguarsi. Diciamo che prolifererà il modello Amazon. Tante piccole amazon in miniatura che riceveranno le ordinazioni e smaltiranno le stesse inviando i prodotti direttamente a casa. Potremmo assistere quindi ad una trasformazione del sistema distributivo in direzione dello sviluppo di una logistica di servizio legata al territorio”.

Se la rivolta non è ancora scoppiata al Sud è perchè il sommerso ha svolto il ruolo di cuscinetto? “Certamente il lavoro nero ha svolto, paradossalmente, un ruolo di cuscinetto improprio. Esso in verità non è la soluzione della crisi economica permanente del Sud ma è una delle cause. Ciò detto, ritengo che la rivolta non sia scoppiata perché si è prodotto una sorta di mutamento genetico nella popolazione emarginata e nei governanti nella  direzione di una crescente domanda  e offerta di protezione ( reddito di cittadinanza, quota cento, ecc) che sta distorcendo la natura più profonda della società. La crisi finirà quando tornerà  la responsabilità ed il senso del dovere e la popolazione in difficoltà  dovrà ricominciare a fare di tutto e di più per risolvere i suoi problemi. Ripartendo però dalla cultura e dalla formazione. Lo Stato dovrà creare un ambiente pronto e stimolante che crei sviluppo e lavoro con un sistema di welfare, scolastico e sanitario efficiente e robusto, abbandonando le derive populiste dell’assistenzialismo inutile e addirittura dannoso”.

Sono ancora valide le Zes o si andrà verso un altro tipo di logistica? “Credo che lo stesso modo di produrre i beni di consumo subirà dei cambiamenti, soprattutto con riguardo alla logistica legata alla produzione. Mi chiedo se avrà ancora senso, nel futuro, che le grandi navi portacontainer da 4/500.000 tonnellate continuino a viaggiare per oceani e mari in attesa di sbarcare da qualche parte e trovare  capannoni e servizi per assemblare, confezionare ecc.. O se invece si svilupperà una logistica più intelligente finalizzata a raggiungere direttamente il cliente finale attraverso reti, le più varie, e piattaforme distributive dislocate nei punti nevralgici del pianeta. In questo caso le Zes dovranno essere forse ripensate. Esse muovevano dall’assunto di uno sviluppo  tradizionale dell’industria e dei traffici che puntavano a crescite senza limiti. Dovremo capire come si muoveranno  le  cose alla luce dei nuovi equilibri che la pandemia e la vulnerabilità ai virus stanno determinando. Certamente andremo ad un sistema economico e produttivo più leggero e snello, diciamo più intelligente, nel quale la logistica intelligente e di servizio ( che può fare a meno di investimenti rilevanti in infrastrutture pesanti), avrà la preminenza”.

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