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Economia
Così, in nome del green, l'Ue uccide l'industria dei trasporti
Traffico a Milano

Transizione green, le troppo ambiziose ambizioni dell'Ue uccideranno l'industria dell'automotive

È ormai noto come il piano “Fit for 55”, presentato dalla Commissione presieduta da Ursula Von Der Leyen, si sia posto come obiettivo la riduzione del 55% delle emissioni di CO2 entro il 2030 e la riduzione praticamente totale (90%) entro il 2050. Si è avviato il percorso di transizione energetica obbligando lo stop a tutte le auto diesel e a benzina nel 2035, imponendo l’elettrificazione forzata del trasporto privato, con l’eccezione delle vetture alimentate con carburanti sintetici e l’esclusione dei biocarburanti da scarti di origine vegetale e animale nell’ottica di un principio di neutralità tecnologica.

Gli interventi green sono iniziati, quindi, con il settore automobilistico, il quale deve “transitare” a medio termine verso le auto elettriche. L’obiettivo di questa transizione ecologica, come indicato dalla Commissione Europea, è ridurre significativamente il livello di CO2 nell’ambiente e per raggiungerlo, però, sarà necessario trasformare il motore elettrico in una tecnologia matura, in grado di offrire le stesse garanzie di autonomia e prestazione dei motori endotermici. Un cambiamento complesso che imporrà modifiche anche sul fronte del mercato del lavoro, ma su questo punto si è già discusso e si dovrà necessariamente continuare a mantenere elevata l’attenzione perché non si è abbastanza convinti della scelta. Anzi, tutt’altro.

Ma le follie interventiste green purtroppo continuano e nel mese di ottobre si è registrata un’escalation importante in Commissione Ambiente le cui decisioni hanno ormai assunto le sembianze di una guerra esclusivamente ideologica, senza alcun criterio di razionalità e senso della realtà, puntando a travolgere sistemi industriali consolidati e tessuti economico-sociali della maggior parte dei Paesi membri dell’Unione.

Non solo auto green quindi ma case green, aziende agricole green, frigoriferi green, caldaie green, climatizzatori green, imballaggi green. In tema di imballaggi, durante la commissione di fine ottobre si è deciso che l’Italia, così come gli altri Paesi membri, dovrà abbandonare il riciclo per orientare il riuso degli imballaggi in quanto secondo la proposta della Commissione Ambiente, i Paesi dell’UE dovranno garantire la raccolta differenziata del 90% dei materiali da imballaggio (plastica, legno, metalli ferrosi, alluminio, vetro, carta e cartone) entro il 2029. In uno dei campi in cui l’Italia esprime importanti volumi di affari e primati nel mondo.

Associazioni di categoria come Confindustria, Coldiretti, Cia, Confagricoltura, Filiera Italia, hanno espresso parere negativo sulla proposta della Commissione, in quanto si continua a procedere verso un sistema che non valorizza il modello vincente italiano, ma lo si mette a rischio, tenendo conto che la filiera innovativa italiana supera i target Ue con diversi anni di anticipo, affermando i più avanzati principi dell’economia circolare.

Un altro accordo raggiunto in Commissione Ambiente riguarda l’utilizzo dei gas fluorurati, i quali saranno vietati a partire dal 2025 nelle apparecchiature di manutenzione per le apparecchiature di refrigerazione, a meno che i gas non siano rigenerati o riciclati, nel qual caso beneficeranno di una deroga fino al 2030, per le apparecchiature di condizionamento d’aria e le pompe di calore per il 2026, con una deroga per i gas rigenerati o riciclati fino al 2032. Senza offrire una valida alternativa ai cittadini europei che si troveranno ad affrontare un esborso esoso per la sostituzione delle apparecchiature utilizzate nelle proprie case.

La Commissione Ambiente non si è fermata ma ha proseguito l’approvazione degli standard di emissione di CO2 per i veicoli pesanti che prevedono valori inferiori rispetto a quelli proposti nella Commissione Ue, rafforzando così la transizione forzata verso l’elettrico.

In sostanza il testo votato riporta obiettivi penalizzanti per le aziende in relazione alla riduzione delle emissioni di CO2 per gli autocarri medi e pesanti (compresi i veicoli adibiti alla raccolta dei rifiuti urbani e le betoniere) e gli autobus. Si tratta in particolare di un -45% per il periodo 2030-2034, -70% per il periodo 2035-2039 e -90% a partire dal 2040.

Al voto si è dichiarata fortemente negativa l’Associazione europea dei produttori di automobili (ACEA), che ha espresso preoccupazione per il fatto che gli obiettivi per la decarbonizzazione di camion e autobus siano ambiziosi sulla carta, ma irraggiungibili nella realtà. Inascoltata, inoltre, la proposta dell’Associazione europea degli autotrasportatori (UETR) avendo suggerito di includere nelle nuove regole i carburanti a zero emanazioni di CO2, per facilitare il processo di decarbonizzazione, aumentare la resilienza del settore e offrire una maggiore diversità tecnologica.

È importante ricordare come l’inclusione dei carburanti sintetici e bio per l’alimentazione dei veicoli pesanti a bassa CO2 potrebbe ottenere un approccio ancora più completo ed efficace alla riduzione delle emissioni contribuendo alla decarbonizzazione del settore dei trasporti, offrendo una soluzione realistica nella fase di transizione verso l’elettrificazione (un processo il quale oggi non è certamente green) e l’idrogeno. Includere i carburanti sintetici e bio inviterebbe a investire in tecnologie che possono contribuire in modo significativo al raggiungimento, e forse all’anticipazione, degli ambiziosi obiettivi climatici dell’Unione Europea nell’ambito del Green Deal.

Ma ancora niente è perduto. Il provvedimento votato in Commissione dovrà essere votato dall’Assemblea Plenaria di Strasburgo nella settimana del 20 Novembre 2023. Si devono porre le condizioni affinché non si debba ragionare in termini assoluti e pianificare scenari alternativi in nome di quella società del benessere che nel bene e nel male ha sempre salvaguardato l’ambiente e che corre il rischio di non poter esistere.

Il paragone è del tutto semplicistico se si pone a confronto il dato incontrovertibile del cambiamento climatico a fronte dell’assenza epocale degli interventi a garanzia del territorio. Pertanto appare inopportuno scegliere deliberatamente di mettere in discussione e forse distruggere il nostro sistema industriale, economico, produttivo e sociale, forzando una transizione energetica che in questa fase e con questi presupposti rischia di ritorcersi contro.

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