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Economia
Credit Suisse al Parlamento Ue. Ppe: Svizzera nella black list del riciclaggio

I 18 mila conti correnti riconducibili a oltre 30 mila persone e società per un totale di 100 miliardi di euro, tra cui clienti criminali coinvolti in violazioni dei diritti umani, corruzione e traffico di stupefacenti 

Il nuovo scandalo che ha coinvolto il Credit Suisse finisce al Parlamento europeo. Dopo che l’inchiesta guidata dal quotidiano tedesco Sueddeutsche Zeitung e dal Consorzio internazionale dei giornalisti investigativi, con la collaborazione di altri 46 organi di stampa, che prende il nome di Suisse Secrets, ha puntato i riflettori sulla seconda banca svizzera il Partito Popolare Europeo (Ppe), primo gruppo politico dell’emiciclo di Strasburgo con il maggior numero di seggi, ha chiesto una revisione delle pratiche bancarie della Svizzera e il possibile inserimento di Berna nella lista nera di Stati coinvolti nel riciclaggio di denaro. Bisogna “considerare la Svizzera come Paese ad alto rischio di riciclaggio”, hanno chiesto dal Ppe alla Commissione presieduta da Ursula von der Leyen dopo la fuga di documenti del gruppo guidato da Thomas Gottstein.

“Le scoperte legate agli Suisse Secrets rivelano grandi lacune nella prevenzione del riciclaggio di denaro", ha spiegato Markus Ferber, coordinatore agli affari economici del Ppe. ”Quando le banche svizzere non sono in grado di applicare correttamente gli standard internazionali anti-riciclaggio, la stessa Svizzera diventa una giurisdizione ad alto rischio", ha aggiunto. La "blacklist" del blocco contiene al momento 21 Paesi che sono ritenuti inadempienti a livello normativo e di pratiche nel contrasto al fenomeno del riciclaggio. Tra questi compaiono Iran, Myanmar, Siria e Corea del Nord. Nessun Paese europeo è sulla lista.

Intanto, il Credit Suisse ha respinto qualsiasi accusa di illeciti e ha fatto sapere che le indiscrezioni stampa "si basano su informazioni "parziali, inaccurate o selettive prese fuori contesto. I fatti riferiti sono principalmente remoti, risalendo in alcuni casi addirittura agli anni Quaranta del secolo scorso. Ciò che viene riportato è basato su informazioni parziali, inaccurate o selettive che, estrapolate dal loro contesto, danno adito a interpretazioni tendenziose riguardo la condotta della banca".

"A seguito di numerose richieste da parte del consorzio nelle ultime tre settimane, Credit Suisse ha esaminato un consistente numero di conti potenzialmente associati alle tematiche in questione. Circa il 90% dei conti esaminati è oggi chiuso o era in corso di chiusura prima della ricezione delle richieste dei media, in più del 60% dei casi prima del 2015. Riguardo ai rimanenti conti attivi, possiamo assicurare che sono state applicate le opportune procedure di due diligence, verifiche e altre misure di controllo in linea con il nostro quadro di riferimento attuale. Continueremo a esaminare i casi in questione e ad adottare ulteriori provvedimenti, se necessari", hanno specificato dalla banca elvetica. 

(Segue...)

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