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Economia

Nuovo affare concluso tra il gruppo De Agostini e Permira, società d’investimento che gestisce fondi con un patrimonio di 35 miliardi di dollari (circa 32 miliardi di euro) e che dalla sua fondazione, nel 1985, ha realizzato circa 200 investimenti di private equity in cinque macro settori (beni di consumo, servizi finanziari, salute, industria e tecnologia). Se lo scorso dicembre Dea Capital Alternative Funds Sgr aveva ceduto per una cifra stimata tra 200 e 250 milioni di euro La Piadineria, questa volta la società di private equity guidata da Gianandrea Perco (insieme a Hunt Capital, Investimenti e Partecipazioni e altri investitori) ha ceduto la quota di maggioranza di Corin Orthopaedics Holding, società con sede a Cirencester, in Gran Bretagna, operante nel settore delle protesi ortopediche.

Per Corin l’operazione comporterà nuovi finanziamenti con cui sostenere la prossima fase di crescita dopo cinque anni di continuo sviluppo, col Ceo Stefano Alfonsi (arrivato alla guida di Corin nel 2012) e il suo team che resteranno alla guida della società. Per Permira, che utilizzerà il fondo Permira VI da 7,5 miliardi di patrimonio (dopo l’operazione ne resterà da investire il 50% circa) e che nel settore ha già effettuato investimenti in equity per 1,5 miliardi di euro circa, è l’occasione per scommettere su un’azienda in rapido sviluppo in un mercato da 17,5 miliardi di dollari che cresce tra il 3% e il 5% l’anno e nel quale Corin potrà ulteriormente ritagliarsi una sua fetta di mercato tramite crescita organica e acquisizioni.

Quanto a Dea Capital Alternative Funds Sgr, l’operazione costituisce solo l’ultima di una serie di rimaneggiamenti del portafoglio di investimenti di private equity del gruppo De Agostini, rimaneggiamenti che paiono destinati a proseguire anche nei prossimi mesi. Secondo alcune voci, ad esempio, il fondo Idea Taste of Italy (che fa sempre riferimento a Dea Capital Alternative Funds Sgr e che in portafoglio vedeva già partecipazioni in Cds, Lurisia e Gelato d’Italia) dopo aver affiancato, dallo scorso gennaio, la famiglia Botter nell’omonima casa vinicola (settimo maggior produttore enologico italiano in termini di fatturato) starebbe studiando il dossier Zonin, alla ricerca di un socio finanziario che agevoli il passaggio generazionale e l’internazionalizzazione. Capitolo apertosi dopo il passo indietro del patron ed ex presidente di Banca popolare di Vicenza.

Zonin piace peraltro anche alla 21 Investimenti di Alessandro Benetton e alla francese Unigrains, a riprova che il “Made in Italy” continua a attirare i grandi capitali italiani e internazionali, sempre meno interessati ai salotti e sempre più alla ricerca di partecipazioni in grado di generare negli anni interessanti plusvalenze. I Boroli-Drago, famiglie a cui fa capo l'impero De Agostini peraltro, dopo aver più volte sottolineato che anche l’1,7% detenuto in Generali è ormai un investimento finanziario e non strategico (e pertanto al prezzo giusto potrebbe essere ceduto), hanno sviluppato anche un secondo focus strategico sul “Made in Italy”, puntando sul “private debt” come strumento per il rilancio di imprese italiane di medie dimensioni, in tensione finanziaria, ma con fondamentali industriali solidi.

L’ex Idea Capital ha infatti varato nel 2016 un primo fondo (Idea corporate credit recovery o Ccrr I), composto da due comparti (crediti e nuova finanza) cui hanno contribuito Unicredit, Bnl Bnp Paribas, Banca popolare di Vicenza, Mps, Bpm (ora Banco Bpm) e Biverbanca apportando “unlikely to pay” (posizioni di credito deteriorato assistite da garanzia) riferiti a otto società italiane di media dimensione.

Da allora sono già stati portati a termine con successo i processi di ristrutturazione di Targetti e Pigna, è stata rilanciata la crescita di Util Industries e Sinterama e sono recuperati circa 75 milioni di euro, pari al 42% del valore di acquisto dei crediti conferiti al fondo. Grazie ai buoni risultati ottenuti, a inizio anno è stato poi lanciato un secondo fondo (Ccrr II, per il quale un primo closing è stato fissato a 300 milioni di euro), in questo caso coi contributi di Unicredit, Intesa Sanpaolo, Banco Bpm, Bnl Bnp Paribas, Ubi Banca, Mps, Banca Ifis e Credito Valtellinese che hanno conferito crediti vantati nei confronti di 24 società appartenenti a 9 gruppi italiani: Zucchi, Canepa, Snaidero, Grotto (produttore di abbigliamento e calzature col marchio Gas), la Trend Group di Pino Bisazza, il Consorzio Latterie Virgilio e i gruppi Calvi, Pieralisi e Biokimica.

Vi sono infine due ulteriori fondi gestiti da Dea Capital Alternative Funds Sgr con ulteriori partecipazioni industriali: il primo, lanciato fin dal 2008, è IdeA Opportunity Fund I (nel cui portafoglio finora si trovava finora Corin), che possiede partecipazioni in Elemaster, Talgo, Iacobucci HF Electronics, Manutencoop Facility Management e Giochi Preziosi; il secondo, del 2011, è IdeA efficienza energetica e sviluppo sostenibile, cui fanno capo ulteriori partecipazioni in Elemaster, Domotecnica, Smre Engineering, Zephyro, Baglioni, Tecnomeccanica e Stalam.

In tutto alla società del gruppo De Agostini fanno dunque capo ben 15 società industriali per quanto riguarda gli investimenti in equity, ed altre 32 per quanto riguarda gli investimenti in crediti. Una piccola galassia che rende il ricordo dei “salotti buoni” in stile Mediobanca sempre più sbiadito in quel di Novara.

Luca Spoldi

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