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Economia
Dombrovskis torna a fare il falco: "Auspico che i sostegni italiani finiscano"
Valdis Dombrovskis, vice presidente della Commissione europea

Dombrovskis ribadisce che quando la situazione lo permetterrà sarà necessario ridurre il deficit e il debito non solo dell'Italia, bensì di Lettonia e Lituania 

Valdis Dombrovskis, vicepresidente della Commissione europea, torna a fare il falco e, in audizione alle commissioni congiunte Affari economici e Occupazione del Parlamento europeo, ribadisce che "c'è una nota di cautela per l'aumento della spesa pubblica in Italia, Lettonia e Lituania per cui quando la situazione lo permetterà sarà necessario ridurre il deficit e il debito". 

"La nostra valutazione, che riguarda la crescita della spesa corrente in termini di percentuale del Pil come contributo all'orientamento di bilancio. Per la Lituania è il 2,2% del Pil, per l'Italia è 1,5%, e per la Lettonia è 0,8%. La nostra posizione è assicurare che le misure di supporto siano temporanee e mirate e che non lascino un onore permanente sulle finanze pubbliche", aggiunge Dombrovskis. 

"Ecco perchè abbiamo segnalato e abbiamo inviato questa piccola nota di cautela a questi tre Stati membri. Evidentemente ciò è particolarmente rilevante per gli Stati membri fortemente indebitati", ha precisato. "Nel complesso gli Stati membri hanno dei piani di bilancio che permettono un sostegno ai conti e agli investimenti. Utilizzano bene anche il Recovery per finanziare investimenti ulteriori. In alcuni casi, tuttavia, abbiamo una parola di cautela per quel che riguarda l'aumento della spesa nazionale di Italia e in parte Lettonia e Lituania", ha sottolineato. 

"Attualmente possiamo passare da un sostegno emergenziale a un sostegno più correlato alla ripresa e alla trasformazione dell'economia. Le condizioni per attivare la sospensione del Patto di Stabilità si rifanno a una recessione economica grave in tutta l'Ue. Abbiamo indicato la fine della clausola a quando l'Ue avrebbe raggiunto livelli pre-crisi, e ciò già sta avvenendo. La clausola scadrà quindi nel 2023", ha continuato Dombrovskis aggiungendo che l'Ue deve "fornire degli orientamenti per un periodo intermedio, che va da qua al 2023. La nostra intenzione è presentare degli orientamenti interpretativi su come applicare il quadro fiscale nel periodo post-crisi. Esamineremo i punti del debito e della semplificazione".

"Nessuno può escludere che ci ritroveremo in una condizione economica grave ma al momento stiamo uscendo da una crisi severa e quindi dobbiamo garantire certezza ai Paesi membri in merito alle future regole fiscali. Dobbiamo trovare il modo di rendere ottimali le nostre regole fiscali e di farlo entro il 2023", ha spiegato nel corso dell'audizione il commissario all'Economia, Paolo Gentiloni.

Riguardo alle misure dei Pnrr Gentiloni ha detto che, sulla base dei dati degli Stati membri, "sono complessivamente attuate in modo puntuale poiché oltre il 90% dei milestone e dei target del terzo trimestre sono completate. Circa l'80% dei milestone e dei target tra il quarto trimestre 2021 e il 2022 sono sulla strada giusta". "La decisione del primo esborso per la Spagna è stata presa in maniera piuttosto accelerata perché molti degli obiettivi e dei target riguardavano decisioni e iniziative già prese dalle autorità spagnole. Ora stiamo iniziando la nostra valutazione sulle nuove riforme e sui nuovi obiettivi da raggiungere da parte di Madrid, innanzitutto sulla riforma del mercato del lavoro. Noi sosteniamo gli accordi siglati dalle parti", ha concluso il commissario europeo.

Nella consultazione pubblica "sulla governance economica "conclusa a fine dicembre c'è stata una sottolineatura sulla necessità di rendere più semplici e oggettive le nostre regole e anche su quella di mettere in discussione dei criteri come il calcolo dell'output gap che non sono osservabili", ha poi sottolineato Gentiloni.

"L'austerità non tornerà, questa non è la nostra proposta", ha rimarcato Gentiloni, ribadendo la necessità di "regole più realistiche" sui conti, ha osservato che "il livello del debito del 60% non è stato pensato da un premio Nobel, ma è stato introdotto perché era la media del debito dei 12 Paesi firmatari dei Trattati a quell'epoca. Quindi ci sarebbe ragione per mettere in discussione quelle soglie ma non credo sia questo il modo per favorire la crescita, non è cambiando un numero che renderemo la situazione più adatta al periodo post-Covid".

 

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