Economia

FiberCop, Ferraris in uscita? Ecco che cosa sta succedendo (e chi potrebbe arrivare)

Il manager lombardo è al timone della società che gestisce la rete dal 1° luglio. Per l'eventuale sostituzione si fanno i nomi di Calcagno e Sarmi

di Marco Scotti

Ferraris-FiberCop, aria di divorzio? Ecco chi potrebbe arrivare al posto dell'Ad

La bomba è stata lanciata in questi giorni: Luigi Ferraris, l’amministratore delegato di FiberCop, non sarebbe più così saldo sulla sua poltrona nonostante sia arrivato il 1° luglio dello scorso anno. Possibile, si chiedono in molti? Davvero un manager esperto, scelto dal governo dopo l’avvicendamento con Stefano Donnarumma in Fs, sarebbe già in procinto di lasciare la società che gestisce la rete fissa? Da quel che risulta, la delicata questione dovrebbe essere trattata già nella riunione del consiglio di amministrazione di Fibercop atteso proprio per domani, giovedì 23 gennaio. 

Dopo che, nella giornata di oggi lo stesso Ferraris ha nominato un suo fedelissimo, Guglielmo Bove, come capo del corporate e legal affairs? La risposta, dopo le molte verifiche svolte da Affaritaliani.it, è positiva, seppur per nulla certa. Insomma, la questione esiste ma è lontanissima dall’essere definita. Con una doppia possibilità, nel caso: la prima, quello del possibile avvicendamento interno; la seconda con l’arrivo di un manager esperto del settore. Ma prima di svelare i nomi, un breve riassunto delle puntate precedenti.

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FiberCop ha rilevato da Tim la rete per 18,8 miliardi, con la possibilità di arrivare a 21 nel caso di fusione con Open Fiber per creare la famosa rete unica. Un processo che per il momento stenta a decollare anche se i tentativi di far funzionare il matrimonio continuano, al di là delle difficoltà oggettive di cablare un’Italia che – per la natura geografica del territorio – ha molte zone complesse. Il tutto, tra l’altro, senza contare il possibile arrivo di Starlink, la società dei satelliti di Elon Musk che promette di risolvere alla radice il problema (seppur con prezzi molto alti).

Nell’accordo di cessione della rete, Tim si è impegnata ad affittarla da FiberCop per una cifra intorno ai 2 miliardi all’anno fino al 2029. Accordo tra l’altro finito sotto la lente d’ingrandimento dell’Antitrust che si pronuncerà tra un anno perché ci sarebbero clausole relative ai cosiddetti “sconti a volume” che favorirebbero Tim rispetto alle altre società che usano la rete. Ciò detto, il primo bilancio di FiberCop, presentato a dicembre, parla di un Ebitda dei nove mesi a 1,6 miliardi. E qui qualcuno sostiene che in realtà questo dato dovrebbe essere rivisto al ribasso. Per il momento non ci sono conferme effettive e si vedrà.

Ma torniamo a Ferraris: secondo fonti accreditate, se si dovesse davvero procedere alla separazione da un manager che ha un track-record invidiabile – come amministratore delegato di Ferrovie, di Terna e come presidente di Enel Green Power, oltre che come Cfo di Poste Italiane ai tempi della quotazione in Borsa – i nomi per la possibile sostituzione sarebbero sostanzialmente due. Il primo, interno, è quello di Massimo Sarmi, l’attuale presidente e numero uno di Asstel.

Sarmi, che è stato per 12 anni amministratore delegato di Poste, è presidente di FiberCop dal marzo 2021, da quando cioè la società per la rete - partecipata da Kkr, Tim e Fastweb – è stata fondata. Manager di lunghissimo corso, è stato anche nel cda di Tim, cooptato dopo l’uscita dell’ultimo membro in quota Vivendi, cioè Frank Cadoret, dalla fine del 2021 a giugno dello scorso anno.

L’altro nome che circola in queste ore, nel caso in cui si dovesse concretizzare l’avvicendamento, è quello di Alberto Calcagno. Il quale è stato per molti anni amministratore delegato di Fastweb e, soprattutto, tra i fautori di FiberCop nel 2020, con una quota intorno all’8% della società. Oggi è amministratore delegato di Dedalus, società partecipata al 92% da Ardian e specializzata in software sanitario. Sullo sfondo, l’esigenza di portare avanti un piano di cablaggio del territorio evitando la duplicazione con Open Fiber ma, al tempo stesso, accelerando un processo che deve ancora raggiungere quasi il 25% dei comuni italiani.