Economia
Germania, l'allarme: "Peggior crisi industriale dal 1949. Questo modello è al capolinea"
Il presidente della Confindustria tedesca: "I campanelli d'allarme devono suonare". Poi le accuse alla Cina

Friedrich Merz
Crisi industriale in Germania, il punto di non ritorno
La locomotiva dell'Europa si è spenta, forse definitivamente. La Germania sta attraversando una crisi industriale senza precedenti e adesso l'allarme sul futuro è ufficiale. Esce allo scoperto Peter Leibinger, presidente della Bdi, la Confindustria tedesca. Le sue sono parole di fuoco che lasciano poco spazio alle interpretazioni: "Questa è la crisi peggiore dal 1949". Leibinger sostiene che il clima nel Paese è "estremamente negativo, in parte addirittura aggressivo". E che "le aziende sono profondamente deluse". In un’intervista alla Süddeutsche Zeitung, emerge un quadro allarmante: "C'è il timore per una deindustrializzazione irreversibile". I "campanelli d’allarme devono suonare", dice perché il modello economico tedesco è sotto attacco su più fronti: costi dell’energia, burocrazia, competizione globale, avverte il numero uno degli industriali.
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I numeri - riporta Il Corriere della Sera - gli danno ragione. Berlino chiuderà l’anno con un Pil stimato tra 0 e +0,1% e quasi 3 milioni di disoccupati (il settore manifatturiero ha perso oltre 500 mila posti di lavoro dai picchi pre-Covid), mentre il tasso di disoccupazione è salito al 6,3%. Leibinger tocca un altro nervo scoperto, accusando la Cina di aver "copiato il modello tedesco". Pechino non si è limitata a comprare prodotti tedeschi, ha usato gli ultimi 20 anni per assorbire la tecnologia e i processi produttivi tedeschi, spesso tramite joint venture forzate. E ora ha replicato quel modello ma su una scala immensamente più grande e con costi inferiori. I cinesi non hanno più bisogno dei macchinari tedeschi perché sono loro a produrli e a venderli sul mercato globale, diventando diretti concorrenti della Germania nei settori ad alto valore aggiunto (auto elettriche, macchinari, chimica).
