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Economia
Governo: Luca Bianchi e Carmelo Petraglia, un patto tra politica e cittadini

Partire da un rinnovato patto con i cittadini e con le imprese del Mezzogiorno. Non soffermarsi solo su un “generico” piano d’investimenti. Magari per compensare quest’area del Paese in vista della concessione dell’autonomia rafforzata ad Emilia Romagna, Veneto e Lombardia. Va invece proposta una nuova lettura del Sud con un’idea di Paese non più divisiva ma unitaria sulla quale fondare le politiche per la crescita. Lo scrivono il direttore dello Svimez, Luca Bianchi (nella foto) e l'economista Carmelo Petraglia in un articolo pubblicato integralmente su Huffington Post. “Nell’enigma che un possibile nuovo Governo dovrà sciogliere tra continuità e discontinuità, un tema di fondo sul quale l’esecutivo dovrà necessariamente marcare una svolta rispetto alla “Politica” dell’ultimo ventennio, prima ancora che alle politiche del governo uscente, è quello del Mezzogiorno”, scrivono gli autori dell'articolo. “Da troppi anni la politica nazionale, senza particolari distinzioni tra schieramenti, ci ha abituati a una narrazione di economia e società nazionali sommatorie geografiche di due parti con problemi diversi e, perciò, alla ricerca di soluzioni distinte. La politica nazionale, inconsapevole dei benefici estraibili dalla valorizzazione delle interconnessioni tra Nord e Sud, ha finito per spezzare   quella   coesione,   alimentando   opposte   rivendicazioni   territoriali.   È   cresciuto  il malcontento del Nord produttivo vittima dell’oppressione fiscale e burocratica. La stessa peraltro (se non maggiore) che schiaccia i ceti produttivi meridionali”.

La proposta                                                                                                                                                              “Per favorire la crescita senza lasciare indietro gli ultimi, al Nord e al Sud, l’azione di governo nel suo complesso andrebbe ispirata ad una visione unitaria del paese”, scrivono Bianchi e Petraglia. “Costruire   una   nuova   politica   di   coesione   vuol   dire   uscire   dal   ghetto   degli   “stanziamenti straordinari per il Sud”, che tra l’altro quasi mai si traducono in spesa effettiva, per ricostruire un nuovo patto di cittadinanza tra politica e cittadini basato su impegni precisi e obiettivi misurabili di miglioramento  dei  servizi  essenziali.  La scuola  in  primo luogo,  con  interventi  e risorse aggiuntive laddove più alto è l’abbandono scolastico e più bassi i livelli di competenze degli

studenti; ma anche nel sistema sanitario, per ridurre l’emigrazione ospedaliera, e nel sistema di assistenza ai bambini e agli anziani, anche qui con un piano nazionale di supporto ai Comuni con livelli inadeguati di servizi. E accanto a questo, un nuovo “Stato strategico e innovatore” per l’incremento  della dotazione  di infrastrutture  economiche,  ambientali  e sociali,  del  capitale umano e dell’innovazione per le imprese. Non ci si può accontentare del solito richiamo alla necessità di rilanciare il Sud con un generico piano di investimenti, magari per compensarlo in vista della concessione dell’autonomia rafforzata a Emilia  Romagna, Veneto e Lombardia. Sarebbe un film già visto tante volte. Per fronteggiare lo spettro della recessione –si legge nell’articolo- occorre una nuova visione del rapporto Nord-Sud e delle politiche di sviluppo, insieme ad un’attuazione ordinata del federalismo fiscale da attuare con le garanzie dei Livelli essenziali delle prestazioni (LEP)  in   tutte  le  Regioni  italiane,  sfidando   anche  le  classi  dirigenti  del  Sud.   Ma  il  primo investimento che dovrà fare il nuovo governo Conte, se ci sarà, è un investimento “politico” nel Sud, un nuovo patto con i suoi cittadini e le sue imprese, per avere un paese più coeso e quindi più forte”. 

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