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Economia
I mercati depressi di ottobre si preparano a un 2023 da incubo

Un 2023 tutt'altro che agevole per inflazione e incertezza economica

Gli indicatori della situazione economica basati sul sentiment (come ad esempio gli indici dei responsabili degli acquisti) puntano verso il basso e peggiorano di mese in mese. Di segno esattamente opposto le indagini sull’inflazione, che evidenziano un aumento delle attese. Segnaliamo in particolare il deterioramento delle prospettive a medio termine relative agli Stati Uniti. 

L’inflazione core, quella che esclude i prezzi di generi alimentari ed energia, resta ostinatamente oltre il 6%, cioè ai massimi in 40 anni. Mentre negli USA combattere l’inflazione è un compito che spetta chiaramente alla banca centrale, in Europa le autorità politiche cercano freneticamente la strategia più adatta a contenere i costi, data l’incertezza generale causata dai consistenti pagamenti anticipati per riscaldamento ed elettricità.  I mercati inizialmente plaudono a ogni proposta, ma ci mettono poco a decretare che le misure non sono sufficienti. Si crea quindi un circolo vizioso. Diverse sono le ipotesi al vaglio: contributi una tantum, tetti ai prezzi, una strategia comune dell’UE per gli acquisti di gas… Tuttavia il quadro è molto eterogeneo. Oltre alle decisioni prese dall’UE bisogna considerare le varie realtà nazionali. Si parla di “distorsione della concorrenza” a seconda di quali gruppi di consumatori o imprese vengano favoriti nei diversi Paesi.

I fatti però costringono autorità politiche e monetarie ad intervenire. Il conflitto in Ucraina imperversa da troppo tempo e il conseguente aumento dei costi dell’energia ha ormai intaccato quasi tutti i settori. In tutto il mondo ristoranti, provider di servizi, fornitori e produttori di articoli di marca stanno aumentando i prezzi. Qual è il modo migliore per interrompere questa spirale? Come si prospetta la situazione per il 2023? Per quanto riguarda i prezzi dell’energia c’è un barlume di speranza. Negli Stati Uniti i prezzi della benzina sono nettamente diminuiti rispetto ai massimi di giugno, il petrolio WTI è tornato a scambiare a 85 USD al barile, vale a dire ben al di sotto della soglia dei 90 USD. 

Inoltre, gli ultimi dati dell’agenzia federale tedesca che gestisce la rete elettrica indicano che i serbatoi di gas sono quasi pieni (96%), mentre i prezzi all’ingrosso per il gas si attestano su livelli decisamente inferiori rispetto ai picchi della scorsa estate. Si profila quindi la possibilità che a partire dalla primavera del 2023 i dati comparativi anno su anno per i prezzi dell’energia siano molto più bassi di quelli odierni, e che di conseguenza l’inflazione rallenti. Purtroppo però sia negli USA che in Europa si è innescata una spirale dei prezzi che interessa tutti i prodotti e servizi. Segnaliamo in particolare l’aumento del costo del lavoro derivante dalla solidità del mercato occupazionale. Negli Stati Uniti prosegue il boom di assunzioni e la forza lavoro scarseggia. Lo stesso accade in Germania. 

Inoltre, i costi di trasformazione nel quadro della transizione energetica, il rimpatrio della produzione a fronte dell’incertezza legata alle filiere globali e i costi elevati delle abitazioni spingono gli indici dei prezzi al rialzo. Per questo secondo noi nel 2023 dovremo mettere in conto un’inflazione ancora più “vischiosa”, che non raggiungerà le vette attuali ma resterà comunque elevata attorno al 5%-6% e continuerà a far salire i tassi di interesse. Di conseguenza le banche centrali rimarranno vigili e alzeranno ulteriormente i tassi di riferimento. I mercati sperano in un imminente picco dell’inflazione che possa portare ad un calo dei tassi di interesse, ma tali attese con ogni probabilità resteranno deluse almeno per tutta la prima metà del 2023.

La settimana prossima

La prossima settimana saranno resi noti diversi indicatori anticipatori basati sul sentiment, come gli indici dei responsabili degli acquisti per tutti i principali Paesi. Conosceremo inoltre l’indice ifo relativo alla Germania e la fiducia dei consumatori degli Stati core europei, Germania e Francia. Verso fine settimana sarà la volta dell’andamento dei prezzi al consumo nell’UE e nei Paesi core. Negli USA saranno pubblicati i primi dati sull’evoluzione del prodotto interno lordo (PIL) nel terzo trimestre. Particolare attenzione meritano la spesa al consumo e il deflatore dei consumi, un importante dato sull’inflazione che dovrebbe indurre la Federal Reserve a confermare la linea restrittiva. I mercati azionari saranno inoltre influenzati dalla pubblicazione degli utili relativi al terzo trimestre. Infatti la prossima settimana la stagione di pubblicazione degli utili delle società statunitensi entrerà nel vivo.

Il motto per le prossime settimane dovrebbe essere: cerchiamo di non sprofondare in una “depressione autunnale”, ma di spazzare via i cumuli di foglie cadute e di cercare nuove opportunità sul terreno.
Da un lato i tassi di interesse positivi e in aumento (per lo meno in termini nominali) offrono opportunità di investimento che non vedevamo da alcuni anni. Dall’altro, le valutazioni degli asset rischiosi sembrano essersi adeguate ai tassi risk free più elevati. Le valutazioni azionarie appaiono più favorevoli, e i mercati guardano avanti e anticipano il futuro. In ottica tattica è meglio usare ancora prudenza, tuttavia gli investitori con un orizzonte temporale medio-lungo possono prepararsi ad aumentare l'esposizione agli asset rischiosi.

 

*Director, Head of Portfolio Strategy Private Clients

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