Il 45% degli italiani considera il cambiamento un'opportunità, + 20% rispetto al 2013
Italiani e lavoro, tempo di bilanci 2014. Anno più che caldo a riguardo, il tema ha inondato le cronache a partire dalla politica per arrivare all'industria. La popolazione soffre i continui cambiamenti e il tasso di disoccupazione non accenna a diminuire, eppure gli ultimi sondaggi rivelano una netta fiducia nel futuro e un miglioramento della percezione sulla flessibilità del lavoro.
A tal proposito Roberto Re, il Mental Coach considerato l'Anthony Robbins italiano, fondatore di HRD Training Group, la società numero uno in Italia nel campo della formazione personale, afferma: "È un cambiamento epocale per l'Italia. Il concetto di flessibilità sul lavoro è imprescindibile nel mondo in cui viviamo. Da questo punto di vista infatti siamo indietro rispetto all'approccio europeo e americano, questo significa che siamo mentalmente meno disposti al cambiamento e lo subiamo inevitabilmente."
Uno degli ultimi sondaggi effettuati su un campione medio della popolazione ha rilevato che il 45% degli italiani pensa che la flessibilità possa essere considerato un cambiamento "molto" o "abbastanza" positivo, il dato è interessantissimo in quanto c'è stato rispetto all'anno passato un aumento del 20% degli italiani 'flessibilisti'. "Questo approccio è importante soprattutto in periodi di crisi come quello che stiamo vivendo - commenta ancora Re - permette infatti di attingere a risorse che altrimenti non contempleremmo. Cogliere le possibilità positive insite nel cambiamento è caratteristica delle persone di successo, che tipicamente intuiscono le occasioni e passano velocemente all'azione, non scartando niente che possa potenzialmente migliorare la loro condizione".
Pur avendo fatto passi da gigante e iniziando ad adattarsi a uno dei cambiamenti più importanti avvenuti sul mercato del lavoro, sono ancora il 49% gli italiani per cui il cambiamento è "per nulla" o "poco" positivo. "Considerare il cambiamento come un punto di partenza e un modo di reinventarsi e non come 'perdita', è l'atteggiamento vincente, che permette di vedere possibilità future e aumentare la propria creatività. Per noi italiani c'è ancora da lavorare molto su una mentalità ancora troppo poco meritocratica e stanziale, ma i segnali di risveglio ci sono tutti", conclude Roberto Re. A ciò si unisce però una percentuale di italiani ottimisti non facilmente immaginabile, da un'indagine LaST (Community Media Research) emerge infatti che la risposta alla domanda 'Quando si prevede di uscire da questa crisi?' Per 3 interpellati su 4 è un anno e mezzo. Per un altro 10,2% addirittura meno di un anno. Infine, sempre secondo lo studio, la media del 42,1% degli italiani crede che il proprio nucleo familiare conoscerà un miglioramento economico mentre il 61,1% ritiene che ciò accadrà per l'area di residenza (il 62,5% per l'Italia, il 46,3% per l'Europa). In sostanza la popolazione italiana crede che ci sia la possibilità di una vera e propria ripresa 'territoriale', ma che le condizioni personali avranno una ripresa più lenta e difficile.