"Ilva, un disastro contro l'umanità.Governi latitanti fin dal 1990". Il report
L'analisi condotta dalla Federazione Internazionale dei Diritti Umani, Unione forense per la tutela dei diritti umani e l'associazione Human Right Int. Corner
Il disastro dell'Ilva di Taranto? Lo Stato italiano ha negligentemente ritardato l’adozione di misure preventive e di precauzione per contenere i rischi derivanti dall’esposizione alle emissioni inquinanti dell'acciaieria, in violazione degli obblighi imposti dal diritto internazionale ed europeo. Del tutto assente, o comunque inefficace, poi, è stata anche la risposta sanzionatoria nei confronti della condotta dell’azienda e dei propri dirigenti. E ciò nonostante l’adozione, nel 2016, di un Piano Nazionale per l’attuazione dei Principi Guida internazionali su imprese e diritti umani.
Sono le conclusioni del report stilato dalla Federazione Internazionale dei Diritti Umani (FIDH) assieme all'Unione forense per la tutela dei diritti umani e all'associazione Human Rights International Corner (HRIC). Lo stabilimento, inaugurato nel 1964 - spiega lo studio - è l’acciaieria più grande d’Europa e una tra le più grandi del mondo e attualmente occupa circa 11.000 dipendenti, rappresentando il 75% del prodotto interno lordo della Provincia di Taranto. In tutti questi anni di attività l’Ilva ha avuto un impatto pesantissimo sull’ambiente e la salute della popolazione di Taranto nonché su quella dei suoi dipendenti.
“La gravità dell’impatto di Ilva sulla popolazione non lascia dubbi sulla violazione di diritti inalienabili quali il diritto alla vita, alla salute e a vivere in un ambiente sano, riconosciuti non solo dalla nostra Carta costituzionale ma anche dal diritto internazionale e dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo” afferma Anton Giulio Lana, Presidente dell’Unione forense per la tutela dei diritti umani.
Come ha affermato anche la Corte Costituzionale nella sentenza depositata venerdì 23 marzo 2018 scorso “il legislatore ha finito col privilegiare in modo eccessivo l’interesse alla prosecuzione dell’attività produttiva, trascurando del tutto le esigenze di diritti costituzionali inviolabili legati alla tutela della salute e della vita stessa (artt. 2 e 32 Cost.), cui deve ritenersi inscindibilmente connesso il diritto al lavoro in ambiente sicuro e non pericoloso (art. 4 e 35 Cost.).”
Il report pubblicato oggi sottolinea come il bilanciamento tra interessi economici ed occupazionali e tutela dei diritti fondamentali non possa svolgersi unicamente a discapito di questi ultimi. “Uno stato di diritto che ha ratificato i trattati internazionali sui diritti umani ed è parte della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e della Carta Sociale Europea ha il dovere e la responsabilità di porre in essere tutte le misure idonee a tutelare efficacemente tali diritti” ribadisce Dan Van Raemndonck, Segretario generale della FIDH.
È dunque dovere del governo italiano proteggere, rispettare e dare attuazione ai diritti umani nei confronti di violazioni perpetrate dalle imprese, come sancito dal diritto internazionale, e conseguentemente adottare senza ritardo tutte le misure necessarie a limitare il prodursi del danno ambientale legato alle attività produttive dell'Ilva e a prevenire la formazione di ulteriori danni nell’esclusivo interesse della popolazione di Taranto. In mancanza di un rapido intervento da parte delle autorità competenti, nazionali e locali, FIDH e UFTDU presenteranno formalmente un reclamo collettivo al Comitato europeo dei diritti sociali del Consiglio d'Europa per far dichiarare le violazioni del diritto alla salute dei cittadini di Taranto e del diritto dei lavoratori ad avere condizioni di lavoro sicure e non nocive, come sanciti nella Carta sociale europea di cui l’Italia è firmataria.
(Segue...)