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Economia
"Ilva, un disastro contro l'umanità.Governi latitanti fin dal 1990". Il report

La storia dell’Ilva, quindi, merita di essere raccontata per sottolineare come, pur in un Paese altamente industrializzato e dotato di un complesso quadro legislativo vincolante sia nazionale che sovranazionale in materia di diritti fondamentali e di tutela dell’ambiente, nonché di un potere giudiziario indipendente, sia possibile che una situazione di grave violazione dei diritti umani non solo si produca ma continui a prodursi per decenni alimentata dalla necessità occupazionale e di «sviluppo» economico.

Nel febbraio 2016, a seguito delle indagini della Procura nell’ambito del processo «Ambiente svenduto», la magistratura ha rinviato a giudizio 47 tra dirigenti e aziende in cui si sono costituite ben 1484 parti civili. Il rinvio a giudizio costituisce la prima tappa del primo grado del processo penale. Nonostante questa sia una tappa importante, è necessario ricordare che il procedimento penale (R.N.R. 938/2010) ha impiegato più di 7 anni per arrivare alle fase processuale ed è perciò ragionevole pensare che molti dei reati contestati agli imputati risulteranno prescritti prima della conclusione del processo. In questa situazione è naturale che si diffonda una sensazione di impotenza e di sfiducia da parte della popolazione nei confronti di quelle istituzioni che hanno il dovere primario di proteggere i propri cittadini.

Questa vicenda mette in luce come sia facile che uno Stato, anche sviluppato e «di diritto», privilegi gli interessi degli investitori a fronte della tutela dei diritti individuali. Ciò avviene nonostante una normativa sulla responsabilità delle persone giuridiche particolarmente dettagliata e l’adozione di un Piano di Azione Nazionale per l’attuazione dei Principi Guida delle Nazioni Unite su imprese e diritti umani.

La Corte europea dei diritti dell’uomo si pronuncerà a breve sull’eventuale violazione dell’Italia della Convenzione nel caso Ilva: indipendentemente però da quanto la Corte deciderà, è evidente che il Governo italiano ha il dovere di porre in essere azioni urgenti e significative per ridurre gli impatti sulla salute dell’attività di questa azienda. Nel 2011 la FIDH ha documentato le violazioni dei diritti umani commesse dalle attività industriali di produzione di acciaio e ghisa connesse alle operazioni dell’impresa multinazionale Vale nella regione di Açailandia situata a nord del Brasile.

Quest’analisi mira dunque ad inserire la vicenda Ilva in un quadro internazionale più ampio e dimostra come l’anello iniziale e quello finale della catena produttiva del ferro e dell’acciaio appaiano indissolubilmente legati da un destino analogo, fatto di violazioni ripetute dei diritti umani e ambientali in nome del profitto e dello sviluppo economico.

L’adozione di uno strumento internazionale giuridicamente vincolante che chiarisca una volta per tutte quali sono gli obblighi degli Stati nella tutela dei diritti umani a fronte di attività economiche e che garantisca il controllo del rispetto di tali obblighi attraverso un meccanismo internazionale capace di monitorare l’effettiva attuazione delle previsioni contenute nel Piano di Azione Nazionale, di prendere decisioni di carattere vincolante e dotato di poteri di indagine, si rende pertanto necessaria.

LE RACCOMANDAZIONI:

A) AL GOVERNO ITALIANO

• Rispettare l’obbligo, sancito dal diritto internazionale, di proteggere, rispettare e dare attuazione ai diritti umani nei confronti di violazioni perpetrate dalle imprese;
• Adottare senza ritardo tutte le misure necessarie a limitare il prodursi del danno ambientale legato alle attività produttive dell’ILVA e a prevenire la formazione di ulteriori danni nell’esclusivo interesse della popolazione di Taranto con un’attenzione particolare ai diritti degli individui più vulnerabili quali donne, minori e lavoratori dell’ILVA;
• Approntare senza più ritardi e sin d’ora la procedura di bonifica dei territori sui quali insiste l’impianto siderurgico dell’ILVA e delle aree circostanti al suddetto impianto, attraverso un piano dettagliato che preveda la conclusione dell’iter nel più breve termine possibile;
• Rispettare gli impegni presi nel Piano di Azione Nazionale su imprese e diritti umani, tra cui: i) esigere che le imprese operanti sul territorio italiano, in particolare quelle controllate dallo Stato, rispettino i diritti umani e i principi previsti dalle norme nazionali, internazionali e dagli strumenti di soft law; ii) richiedere alle imprese di adottare meccanismi di due diligence dei diritti umani; iii) far rispettare la Direttiva europea sul reporting non finanziario;
• Informare la popolazione di Taranto e delle aree adiacenti all’ILVA circa i rischi rappresentati dalle attività aziendali per la loro salute, in particolare: istituire e pubblicare senza ritardo un registro di ammalati di tumore tra gli operai che lavorano nell’ILVA;
• Adottare misure urgenti rivolte a salvaguardare in modo particolare la salute dei bambini che vivono a Taranto e che subiscono gravi conseguenze dall’inquinamento, in particolare: • Mettere a punto un piano di ricollocamento delle scuole elementari e medie che si trovano nel quartiere Tamburi fornendo agli alunni un servizio di trasporto gratuito;
• Informare in maniera dettagliata i genitori dei rischi per la salute dei bambini legati alle attività dell’ILVA in modo che questi possano prendere le misure più idonee a salvaguardare il benessere della propria famiglia;
• Incentivare lo sviluppo di attività economiche di riconversione dei terreni inquinati (esempio canapa); • Sostenere e incentivare attività economiche alternative in maniera da favorire uno sviluppo dell’economia locale sempre più indipendente dall’industria siderurgica;
• Incentivare la produzione di prodotti alimentari certificati «dioxine free»;
• Sostenere il processo di negoziazione di uno strumento internazionale vincolante su imprese e diritti umani.

B) AI FUTURI PROPRIETARI DELL'ILVA

• Rispettare i diritti umani come sancito dalle norme nazionali, internazionali e dagli strumenti internazionali di soft law;
• Adottare tutte le misure necessarie a identificare e limitare i danni provocati dall’inquinamento delle attività di ILVA e a prevenire la formazione di danni futuri (due diligence dei diritti umani) nei tempi previsti dall’autorizzazione 2014;
• Conformarsi alla normativa europea sul reporting non finanziario per le società quotate (Direttiva 95/14) e di conseguenza comunicare annualmente gli impatti sociali e ambientali delle proprie attività;
• Privilegiare, nello sviluppo del piano industriale, la bonifica dei terreni e delle aree circostanti all’ILVA nonché la copertura dei parchi minerari e mettere a disposizione le risorse economiche necessarie nonché attenersi al principio delle «migliori tecnologie disponibili» per evitare un ulteriore aggravio dell’inquinamento legato alla produzione di ILVA;
• Operare in un quadro di trasparenza e mettere a disposizione della cittadinanza e delle istituzioni locali tutte le informazioni necessarie circa le attività industriali, il loro impatto, e le misure prese per contenerlo; • Perseguire un modello di impresa fondato sul rispetto dell’ambiente e dei diritti umani e investire risorse umane e finanziare al fine di ridurre gli impatti negativi su persone e ambiente dell’industria siderurgica. Alle istituzioni europee e internazionali
• Far rispettare gli obblighi europei ed internazionali in materia di tutela dell’ambiente, della salute e dei diritti umani della popolazione di Taranto da parte del Governo italiano; • Monitorare l’adempimento degli impegni che il Governo italiano ha assunto con l’adozione del Piano di Azione Nazionale su imprese e diritti umani;
• Vigilare sulla situazione dell’ILVA di Taranto e richiedere che la nuova proprietà rispetti tutti gli obblighi derivanti da norme nazionali, europee ed internazionali circa le emissioni industriali, la tutela dei diritti umani e dell’ambiente e le comunicazioni aziendali come previsto dalla Direttiva 95/14;
• Adottare una normativa europea che istituisca un “duty of care” per le imprese registrate nei Paesi Membri dell’Unione da effettuarsi sulla totalità della supply chain e che preveda adeguate sanzioni per il mancato svolgimento della due diligence.

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