Via l'Imu per decreto. Ecco cosa cambierà

Ecco la strada: un decreto per sospendere immediatamente il pagamento Imu sulla prima casa e per stanziare 1,5 miliardi di euro necessari alla cassa integrazione e agli esodati. Anche l'M5s si è detto pronto a votarlo.
La prossima settimana sarà decisiva per il governo. E a tenere banco è ancora il margine per sospendere, cancellare o modificare l'Imu. Silvio Berlusconi è tornato alla carica: "Senza la cancellazione il governo cadrà". L'Imu, ha affermato il Cavaliere "produce negatività nelle famiglie che hanno incertezza sul loro futuro e consumano meno. È un'imposta che tocca il bene più sacro, il pilastro su cui ogni famiglia ha il diritto di costruire la sicurezza propria e dei figli. Andare a toccare la casa induce paura, timore nella psicologia delle famiglie; ciò comporta una negatività diffusa, per cui le famiglie cominciano ad avere incertezze, a consumare meno e a non investire più". Per questo l'esecutivo sta cercando una soluzione. Il decreto permetterà di prendere tempo, in attesa di una riforma fiscale organica che coinvolga l'Imu e la Tares. Non è semplice: servono almeno 6 miliardi. Tanto occorre per coprire la rinuncia all'aumentare dell'Iva e l'abolizione dell'imposta sulla prima casa.
Se, oltre alla sospensione, si dovesse optare per la restituzione servirebbero 8 miliardi. Una cifra monstre che, con gli attuali vincoli di bilancio, sarà diffcile (se non impossibile) trovare. E allora, cosa potrebbe cambiare per i contribuneti? La prima ipotesi mette in campo una franchigi, al di sotto della quale l'Imu non andrebbe pagata. Si passerebbe dagli attuali 200 ai 500 euro, introducendo fattori correttivi a seconda del reddito del contribuente e della numerosità del nucleo familiari. Questa soluzione costerebbe circa due miliardi. Il problema resta, soprattutto per i comuni, che, senza la rata di giugno, si ritroverebbero con un bel buco di bilancio. A parità di aliquote (i comuni hanno tempo fino al 16 maggio per modificarle) Milano a giugno dovrà rinunciare a un incasso di 70 milioni di euro (la metà dei quasi 140 incamerati nel 2012), Roma a 283 milioni, Torino ad oltre 85.
Opzione due: bilanciare le perdite sulla prima casa facendo pagare salato le seconde. Non basterebbe. In questo caso però i margini di manovra sono scarsi: molti comuni anno già portato l'aliquota al livello massimo (1,06%) e non hanno spazio per arrotondare. Si valuta perciò una manovra che inasprisca l'Imu sulle abitazioni affittate. In alternativa, si valuta una possibile stangata su negozi e attività commerciali. Anche qui, però, lo spazio di movimento è scarso: il settore è sotto pressione e ha già risentito dell'inasprimento dell'Imu in maniera pesante. I comuni hanno già fatto pagare massicciamente uffici e capannoni: caricare sulle spalle degli imprenditori un ulteriore peso sarebbe controproducente.