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Economia
Tasse, ecco perché Renzi sbaglia. Tagliare l'Irap fa crescere il Pil

di Andrea Deugeni
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@andreadeugeni

Nella scelta fra Irap o Irpef per tagliare il cuneo fiscale, per l'economista Alberto Quadrio Curzio il presidente del Consiglio Matteo Renzi sbaglia se destinerà, come sembra, tutte le risorse a una sforbiciata dell'Irpef. Intervistato da Affaritaliani.it sul tema, l'economista della Cattolica si dice infatti favorevole a "un intervento misto su entrambe le componenti del cuneo", anche se "in base a simulazioni 2008-2010 concentrarsi solo sull'Irap" non sarebbe un errore e massimizzerebbe gli sforzi espansivi sul Pil del governo. "Ha effetti forti sulla crescita del prodotto interno lordo, sui consumi e sull'occupazione", dice. Ecco perché.


L'INTERVISTA

Per tagliare il cuneo fiscale e massimizzare gli effetti espansivi sull'economia, è meglio agire sulla componente Irap o su quella Irpef, come sembra propendere il premier Matteo Renzi?
"In base alle simulazioni che sono state fatte, in un contesto diverso da quello di oggi, perché basate sul periodo 2008-2010, mettere tutto sulla componente Irap aveva degli effetti forti sulla crescita del Pil, sui consumi e sull'occupazione".

E oggi?
"Opterei per una soluzione mista, pro quota Irap e Irpef, scegliendo però bene l'Irpef, perché estendere il taglio a tutta la platea dei contribuenti ridurrebbe l'effetto finale del provvedimento. Sarebbe la scelta più condivisa".

Se fossero, come sembra, 10 i miliardi nelle disponibilità del governo destinati al taglio del cuneo, come bisogna ripartire la cifra?
"Farei metà Irap e metà Irpef, ma Irpef scelta bene, perché quando nel 2007 il governo Prodi decise di estendere l'intervento sull'Irpef a tutti i contribuenti, l'effetto fu minimo. Bisogna scegliere fra le aliquote Irpef".

In che modo?
"Individuando un sottouniverso di soggetti. Trovando il modo, per esempio, di esentare dal pagamento dell'Irpef per un certo numero di anni tutte le assunzioni dei giovani. In questo modo si avrebbe un effetto espansivo sul loro reddito. I giovani sono quelli che ne hanno maggiore bisogno in questo momento. In più, sarebbe un effetto di stimolo per le aziende ad assumere".

Cosa risponde, però, a quanti, soprattutto fra i sindacati, ritengono che il taglio dell'imponibile Irap sul lavoro che porta in dote un aumento degli utili non si tradurrebbe in maggiori investimenti?
"A parte che si può stabilire una clausola affinché il vantaggio fiscale acquisito si traduca poi in maggiori investimenti, ma faccio anche presente che, rispondendo alla Commissione Europea, il ministro dell'Economia in carica Pier Carlo Padoan ha detto che le imprese esportatrici italiane hanno recuperato competitività durante i tre anni della crisi, dal 2010 al 2013, comprimendo i profitti e i costi di produzione, contenendo i prezzi e migliorando la qualità del prodotto. Altrimenti non si spiegherebbe come mai dal 2010 al 2013, da un deficit commerciale di 30 miliardi, l'Italia sia passata ad avere un surplus di 30 miliardi".

E quindi?
"Vuol dire che le imprese si sono trasformate limando i profitti, altrimenti sarebbe impossibile spiegare una variazione positiva della bilancia commerciale da 60 miliardi di euro".

Ha parlato di mix di interventi, che potrebbe essere oggetto di dibattito, ma da collegare a scelte specifiche come quella dell'assunzione di giovani. Non crede però che, come ha spiegato anche il ministro Padoan, non concentrare tutte le risorse sull'Irap o sull'Irpef equivarrebbe a vanificarne l'effetto ultimo sulla crescita del Pil?
"Può essere, però le risorse non sono molte e proprio per questo la scelta della destinazione dei soldi va fatta con dei criteri non solo e non tanto sul tipo di imposta, ma anche sulla condizionalità del tipo di imposta di cui si va a consentire il beneficio per le imprese o per i contribuenti".

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