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Economia
La donazione di un bene immobile e gli effetti sulla sua futura vendita

La donazione di un immobile è soggetta a un regime fiscale agevolato, ma ci sono degli effetti "limitativi"

Nella prassi si ricorre alla donazione dell’immobile soprattutto tra genitori e figli o altri discendenti in linea retta perché la donazione è soggetta a un regime fiscale agevolato.

Tuttavia, sarebbe opportuno conoscere gli effetti “limitativi” della donazione, per esempio nel caso di futura venditadel bene. Ne parliamo con l’Avvocato Nicola Ferraro, founder partner di de Tilla Studio Legale.

Avvocato Ferraro, partiamo innanzitutto dal motivo per cui più frequentemente si utilizza l’atto di donazione, ovvero il regime fiscale agevolato. Ce lo può illustrare?

L’atto di donazione è soggetto al pagamento dell’imposta di donazione e delle imposte ipotecarie ecatastali. L’imposta di donazione non è dovuta se il valore del bene (che, si badi bene, è diverso da quello commerciale) è inferiore o uguale alla franchigia:

  • di Euro 1 milione, nel caso di donazione tra coniugi, parti di una unione civile, genitori e figli, ascendenti e discendenti;
  • di Euro 100 mila, nel caso di donazione tra fratelli e sorelle;
  • di Euro 1,5 milioni, nel caso di donazione a beneficio di persona portatrice di handicap.

Superati detti valori, l’imposta di donazione è dovuta. Essa è pari al:

  • 2% nel caso di donazione tra coniugi, parti di una unione civile, genitori/figli, ascendenti e discendenti;
  • 4% nel caso di donazione tra fratelli e sorelle e altri parenti.

Se la donazione avviene tra soggetti diversi da coniugi, parti di una unione civile, genitori e i figli, ascendenti e discendenti, fratelli e sorelle e altri parenti l’aliquota è dell’8% (per esempio tra soggetti in relazione ai quali non vi è alcun vincolo di parentela). L’imposta ipotecaria è del 2%, quella catastale dell’1%. Se, però, il bene oggetto di donazione è una "prima casa", le imposte ipotecarie e catastali sono fisse nella misura, ciascuna, di Euro 200,00.

Perché, a fronte di tali benefici fiscali, occorre prestare attenzione nell’utilizzo della donazione come strumento di trasmissione della proprietà di un immobile?

La donazione, diversamente dalla compravendita, non comporta un acquisto definitivo della proprietà del bene. Trattandosi di atto di liberalità, il legislatore considera la donazione come un trasferimento provvisorio che può essere rimesso in discussione dal donante (sia in vita sia nell’ambito della successione), oppure dagli stessi eredi i quali si ritengano danneggiati perché ritengono con esso violata la quota di eredità che a loro spetta per legge (c.d. legittima).

Quali sono le iniziative che possono essere assunte dal donante?

La donazione può essere annullata per ingratitudine del donatario e per la sopravvenienza di figli. Presupposto della revoca per ingratitudine è che il donatario si sia reso colpevole di ingiuria grave verso il donante ovvero abbia arrecato pregiudizio al suo patrimonio o gli abbia rifiutato la corresponsione degli alimenti dovuti ai sensi degli artt. 433 e 436 c.c.

L’ingiuria consiste in un’azione che manifesti, in maniera palese, un sentimento di disistima delle qualità morali del donante contrastante con il senso di riconoscenza che, secondo la comune esperienza, dovrebbe improntarne il suo comportamento.

Una particolarità. L’adulterio non è causa di per sé di revoca della donazione. Tuttavia, le modalità con le quali è commesso possono giustificarla. Così è, ad esempio, nel caso di una relazione extraconiugale intrattenuta dal marito con la moglie del fratello della donante e la circostanza che la stessa si sia sviluppata nell’ambito dell’azienda di famiglia.

La revoca della donazione per sopravvenienza di figli risponde alla esigenza di consentire al donante di riconsiderare l’atto di liberalità effettuato a fronte della sopraggiunta nascita o conoscenza di un figlio.

Occorre precisare che, ai fini della legittimità della revoca, rileva l'assenza di discendenti al momento della donazione e non già che il donante, pur consapevole dell’esistenza di un figlio, si sia ciononostante determinato alla donazione.

Quali sono, invece, le criticità da un punto di vista ereditario?

Il caso più frequente è quello degli eredi che ritengano lesa la quota di eredità legittima (cioè quella spettante per legge). Per ragioni di solidarietà familiare e di dovere naturale nel codice civile è previsto che a taluni soggetti (coniuge e figli o, in assenza di questi ultimi, genitori del de cuius) sia riservata una quotadi eredità indipendentemente o addirittura contro la volontà del testatore.

La legge attribuisce loro il diritto, una volta che il donante sia deceduto, di ripristinare la quota di legittima lesa in vita con la donazione.

Quale iniziativa può assumere l’erede nell’ipotesi in cui con la donazione sia stata violata la quota di eredità che gli spetta per legge?

L’erede che si ritiene leso ha diritto a promuovere una azione giudiziale volta a fare dichiarare l’inefficacia, totale o parziale, della donazione nella misura strettamente necessaria per reintegrarela quota di legittima.

L’azione di riduzione è esperibile fino a 10 anni dalla data di apertura della successione; e dovere dell’erede è quello di indicare con esattezza il valore della massa ereditaria e la quota di legittima violata.

E se nel frattempo il bene oggetto di donazione è stato venduto a terzi?

Il legittimario dovrà, prima di tutto agire contro il donatario introducendo l’azione di riduzione; e in caso di esito vittorioso e mancato ripristino (parziale o totale) da parte del donatario della quota, agire contro il terzo che, nel frattempo, abbia acquistato il bene.

Tale azione prende il nome di azione di restituzione. L’azione di riduzione si prescrive nel termine di venti anni dalla data di trascrizione della donazione. Trascorso tale termine, il legittimario (vittorioso contro il donatario) perde il diritto diagire contro il terzo acquirente (a cui, nel frattempo, il bene sia stato venduto).

L’azione di restituzione riduzione e quella di riduzione sono distinte tra loro. Si rivolgono nei confronti di soggetti diversi e quella di riduzione presuppone il vittorioso esito della prima. Inoltre, a differenza dell’azione di riduzione, l’azione di restituzione è un’azione reale in quanto il suo accoglimento si traduce nel trasferimento automatico della proprietà del bene in favore del legittimario.

Naturalmente, il terzo acquirente può evitare la restituzione del bene all’erede se gli paga un importo corrispondente al suo valore al momento di accoglimento della domanda.

In conclusione, quali sono gli svantaggi della donazione sulla circolazione di un immobile?

L’atto di donazione è sempre revocabile dal donante (sia in vita sia in sede successoria). Ciò però può avvenire nel caso di ingratitudine (del donatario) o per sopravvenienza di figli (del donante). Inoltre, anche per un lungo arco temporale dopo la morte del donante, l’atto di donazione è soggetto alle azioni esperibili dai legittimari che si ritengano danneggiati dall’atto di liberalità compiuto.

Sicché gli effetti dell’acquisto di un bene compiuto attraverso la donazione non potranno considerarsi definiti fino a quando non siano decorsi 10 anni dalla data di decesso del donante esempre che, nelle more, non sia stata introdotta l’azione di riduzione.

Anche chi acquista un immobile donato al venditore è soggetto all’incertezza dell’acquisto in quanto contro di lui è esperibile l’azione di restituzione entro il termine di 20 anni dalla data di trascrizione della donazione.

Avvocato Ferraro esistono delle forme di cautela che possono essere adottate per ridurre il rischio?

Certamente. Innanzitutto, l’azione di riduzione può essere rinunciata. Quindi, donatario e erede del donante possono accordarsi per una rinuncia di questo ultimo a esperire l’azione di riduzione. Va, però, precisato che la rinuncia è possibile solo dopo che il donante è morto; prima non ha effetto.

La rinuncia successiva può avvenire, anche, per fatti concludenti. Anche l’azione di restituzione è rinunciabile. Essa è rinunciabile da subito, non occorrendo la morte del donante.

Un altro strumento che nella pratica viene utilizzato è la polizza assicurativa. Con essa i rischi di soccombenza dell’azione di riduzione e di restituzione vengono ribaltati su un operatore qualificato (di solito una banca). La polizza può essere sottoscritta dal donatario o dal terzo acquirente a cui compete anche il pagamento dei premi assicurativi corrispondenti.

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