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Economia
Legge di Stabilità, Corvino ad Affari: "Poco coraggiosa e di breve termine"

Una finanziaria poco coraggiosa, che non ha prospettive di lungo termine. C’è poco di nuovo nel documento finanziario del governo. Nella sostanza le riforme strutturali restano ancora lontane, le istituzioni nazionali diventano sempre più meri esecutori di decisioni esterne. Antonio Corvino, economista, nonché direttore dell’Osservatorio banche imprese, bolla così il documento finanziario del governo. E ad Affaritaliani.it esprime alcune considerazioni e ribadisce che il provvedimento ha il solo scopo di aggirare le clausole di salvaguardia imposte dall’Europa, ma non va nella direzione di riprendere la via dello sviluppo e delle riforme strutturali. “La manovra sembra frutto di preoccupazioni contingenti e di scelte senza prospettiva. Non vedo una radicale riforma del fisco, sul fronte delle imprese e dei cittadini per esempio. E’ uno scenario che non ha sufficienti spazi per interventi mirati allo sviluppo, quelli che potrebbero far uscire il Paese dalla paura che lo blocca”.              

Ma la riduzione del cuneo fiscale, per esempio, come richiesto dalle imprese, non va nella giusta direzione? “E’ una misura prioritaria, ma non è sufficiente. I nostri concorrenti, e tra questi l'Inghilterra che si prepara a varare un'imposta onnicomprensiva del 17% per le imprese che andranno ad investire li, offrono da tempo situazioni fiscali di gran lunga più attraenti”.

Intanto le imprese sono al secco. Eppure devono investire per competere. Quale può essere una strada praticabile? “Siamo alla trappola della liquidità ed al paradosso, evocati da Keynes, del cavallo che non beve e non mangia, nonostante l'abbondanza di acqua e avena. Il sistema produttivo per reagire è troppo debilitato, la domanda interna è bloccata e il commercio mondiale rallenta mentre la platea delle imprese italiane in grado di competere si è ridotta. Per far fronte ad una tale situazione bisognerebbe disporre di tutte le leve, da quella fiscale a quella monetaria, oggi bloccate dai trattati dell'Unione europea e da una politica comunitaria miope che ha portato l'economia continentale alla recessione e alla deflazione di lungo periodo. In questo contesto poco entusiasmante, il Piano Industria 4.0 del ministro Calenda si propone coraggiosamente e meritoriamente di rimettere in moto gli investimenti delle imprese. Esso  prevede forti incentivi agli investimenti con iper ammortamenti al 250% e crediti d'imposta al 50% per la ricerca e sviluppo e va nella direzione giusta. Potrà però avere successo soprattutto se vi sarà un cambio culturale teso a intercettare la quarta rivoluzione industriale basata sull'utilizzo della intelligenza artificiale interconnessa  nei processi produttivi. Questo piano andrebbe peraltro rinforzato con delle misure che dovrebbero sostenere anche l'innovazione organizzativa delle imprese che è alla base di tutte le altre innovazioni e appare carente soprattutto nel Mezzogiorno e tra le piccole imprese”.                                 

Ma per investire le aziende hanno bisogno di liquidità ed i rubinetti delle banche sono ancora chiusi. Come dovrebbe comportarsi l'industria della finanza? “Io credo che occorra ricreare un panorama ampio e diversificato nell'offerta del credito. Dobbiamo tornare alle banche del territorio e alla separazione delle attività di credito al sistema produttivo e alle famiglie da quelle di investimento e speculazione. La liquidità immessa dalla Bce non è arrivata se non in minima parte alle imprese e famiglie. Essa  è andata a sostenere paradossalmente il mercato dei titoli piuttosto che la domanda del mercato. È necessario pertanto che le banche tornino a guardare all'economia reale piuttosto che all'economia finanziaria. Ma devono affrontare la questione dell'equilibrio tra patrimonio e impieghi compromesso da un portafoglio spesso colmo di crediti deteriorati e titoli tossici. È questo squilibrio che inaridisce i flussi verso le imprese le quali a loro volta dovranno, soprattutto al Sud, risolvere non pochi problemi di capitallizazione per puntare a progetti impegnativi di investimenti per le nuove produzioni ed i mercati internazionali”.

Eduardo Cagnazzi

 

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legge di srabilità antonio corvinoosservatorio banche imprese





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