Legge di stabilità/ Sanità, Letta raschia il fondo: 4,15 miliardi di tagli in tre anni

I tecnici del ministero dell'Economia sono alla disperata ricerca di fondi per consentire il varo della legge di stabilità, il cui cuore sarà il taglio del cuneo fiscale da 4-5 miliardi. Una parte delle coperture arriverà dai tagli alla Sanità. Sforbiciata che dunque, nonostante l'opposizione delle Regioni e del ministro della Salute Beatrice Lorenzin (nella foto con il presidente del Consiglio Enrico Letta), ci sarà.
Nella bozza della legge di stabilità, infatti, ci sarebbero riduzioni della spesa sanitaria per un miliardo nel 2014 ed ulteriori diminuzioni dei finanziamenti al comparto anche nel 2015 e 2016. Nel dettaglio i tagli ammontano a 2,650 miliardi in tre anni, di cui 500 milioni nel 2014, 1,040 miliardi nel 2015 e 1,110 miliardi a decorrere dal 2016. Soldi a cui devono sommarsi circa 660 milioni in meno al tetto per i farmaci, più 840 in meno alla spesa ospedaliera: un totale di 4,150 miliardi in tre anni.
"Se la legge di stabilità comprendesse nuovi tagli lineari alla sanità pubblica, come denunciato da indiscrezioni, "salta il servizio sanitario nazionale, e non saranno garantiti i livelli essenziali d'assistenza", è l'allarme che è trapelato dal ministero della Salute a seguito della diffusione delle indiscrezioni. A fianco dei governatori delle Regioni, che si sono schierati contro qualunque ipotesi di nuove riduzioni della spesa sanitaria, è sceso dunque in campo lo stesso dicastero della Salute.

Fonti di maggioranza hanno fatto però trapelare che il governo (che ha chiesto di aspettare domani per vedere il testo finale che sarà licenziato dal Cdm) sarebbe intenzionato a tornare indietro e dunque dalla legge di stabilità sarebbe escluso il temuto colpo di forbice che avrebbe colpito i bilanci regionali. L'orientamento dell'esecutivo, spiegano, è di procedere piuttosto a risparmi di spesa in forza di riorganizzazioni funzionali. In sostanza misure in grado di aumentare l'efficienza del sistema.
Dall'Eurogruppo, il ministro dell'Economia, Fabrizio Saccomanni, è stato cauto, cercando di rassicurare oltre la collega del governo anche il segretario del Pd Guglielmo Epifani e i governatori delle Regioni: "Siamo in contatto con i presidenti delle Regioni e penso che alla fine si troverà una soluzione equa per tutti".
Tra le misure più rilevanti sempre secondo la bozza, c’è l’aumento sulle rendite finanziarie ora al 22% (dal 20%) e la deduzione Irap sui neoassunti. Arriva anche il contributo di solidarietà per le pensioni d’oro: a decorrere dal 2014 e per un periodo di tre anni, sugli importi dei trattamenti pensionistici superiori a 100mila euro lordi annui, sarà dovuto un contributo di solidarietà pari al 5% (della parte eccedente i 100 mila) fino a 150mila euro.
Arriva anche la scure "per le amministrazioni statali, compresa la Presidenza del Consiglio dei ministri, per le quali la spesa per le prestazioni di lavoro straordinario va ridotta, rispetto alle risorse finanziarie allo scopo assegnate per l’anno finanziario 2013, del 10% a decorrere dall’anno 2014". Al quale si aggiunge il blocco dei contratti nel pubblico impiego relativo al triennio 2010-2012 che viene esteso fino al 31 dicembre 2014.
Infine, all'interno del riordino del pacchetto tasse locali (Imu e Tares), arriva la nuova tassa sulle case e sui rifiuti che si chiamerà Trise e sarà divisa in due componenti: la Tari e la Tasi. Nella bozza si legge: "È istituito in tutti i comuni del territorio nazionale un tributo sui servizi comunali, di seguito denominato Trise che si articola in due componenti: la prima, a copertura dei costi relativi al servizio di gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati avviati allo smaltimento svolto in regime di privativa pubblica ai sensi della vigente normativa ambientale, di seguito denominata Tari; la seconda, a fronte della copertura dei costi relativi ai servizi indivisibili dei comuni, di seguito denominata Tasi".