Economia

Mercati finanziari: 1987 e 2023, può ripetersi? L'analisi

di Maurizio Monti*

Nel 1987, si erano affacciati sul mercato i primi sistemi di trading computerizzati

Da molti mesi, in Istituto Svizzero della Borsa, simuliamo scenari determinati da questa nuova realtà in continuo incremento

 

La Conoscenza scomoda.

L’11 agosto scorso, il mercato delle opzioni dell’S&P500 ha toccato un nuovo record.

In quel giorno, il 50% delle opzioni in circolazione scadevano in giornata.

Il valore nozionale stimato di ciò che arriva sul mercato ogni giorno per opzioni che scadono in giornata è di circa 1 trilione di dollari.

Pensa ad un trilione di dollari in opzioni che nasce e muore ogni giorno … e avrai una esatta sensazione di ciò che avviene sul mercato. Giornalmente.

Da molti mesi, in Istituto Svizzero della Borsa, simuliamo scenari determinati da questa nuova realtà in continuo incremento.

Sembra lontanissimo il 2005, quando il CBOE cominciò a darci le opzioni settimanali, quelle che scadono di venerdì.

Ci sembravano rischiosissime, abituati a pensare ad orizzonti temporali più lunghi.

Le settimanali crebbero di importanza e di volumi, gradualmente, e il CBOE cominciò a sfornare le infrasettimanali del mercoledì e poi del lunedì.

Poi, successivamente, aggiunse martedì e giovedì, che sono ancora oggi le meno liquide.

Molti sistemi di trading, soprattutto in ambito istituzionale, oggi negoziano le opzioni che scadono in giornata, le zero giorni a scadenza: e risulta evidente come i movimenti del mercato siano fortemente condizionati da tali strumenti.

Se esamini da vicino i movimenti del mercato nell’intraday, ti accorgi che un minimo o un massimo spesso equivalgono a grandi afflussi di volumi sugli strike corrispondenti, dal lato call sui massimi, dal lato put sui minimi: a significare una ottima popolazione di opzioni vendute, con i market maker a fare da difficili arbitri.

Nel 1987, si erano affacciati sul mercato i primi sistemi di trading computerizzati: che determinavano, per la prima volta in automatico, l’uso di stop loss alla violazione di determinati livelli critici.

Nel cercare di dare risposta al colossale crash dell’ottobre 1987, questo dettaglio risultò essere una concausa importante se non, forse, fondamentale.

L’accelerazione ribassista, cioè, fu causata dal susseguirsi di stop loss continui ed automatici che alimentavano sempre di più il ribasso, in assenza di compratori, facendo crollare i prezzi.

Nel marzo di quest’anno, in concomitanza con la grande paura del fallimento delle banche (occupava la scena principale la Silicon Valley Bank), avvenne una improvvisa accelerazione della volatilità.

Il Vix, tanto per dare un’idea con un indice ben conosciuto, accelerò del 60% circa in tre giorni di borsa.

Chi aveva portafogli di opzioni aperti si accorse con piena evidenza di quanto l’aumento improvviso di volatilità creasse un forte impatto sul valore delle opzioni.

Fu un picco, certamente, ma non così significativo in dimensione, quanto piuttosto in accelerazione.

Proprio in quelle settimane, la Reuters, pubblicò un articolo sul pericolo dei crash sul mercato: quello che quei momenti di accelerazione della volatilità inducono a pensare come imminenti.

Fra l’altro, scrissero:

“In a Monday note, the bank's analysts attempted to further quantify the derivatives' potential impact, estimating that in an extremely dire scenario, 0DTE options could turn an intraday 5% drop in the S&P 500 (SPX) into a 25% rout - a magnitude of decline not seen since the Black Monday crash of 1987, when the index fell 20.5%.”

che possiamo tradurre artigianalmente così:

“Lunedì scorso, gli analisti bancari hanno cercato di quantificare il potenziale impatto dei derivati, stimandolo in uno scenario estremo, le opzioni con scadenza a zero giorni potrebbero trasformare un -5% di ribasso intraday sull’S&P500 in un -25% - una magnitudine di ribasso vista l’ultima volta nel lunedì nero del 1987, quando l’ìndice crollò del 20.5%”.